Veloce come il vento – Recensione: il cinema italiano come non l’aspettiamo

Il film si apre in pista e in tragedia, e la recensione di Veloce come il vento non può non risentirne, nell’impatto emotivo. Padre ai box, figlia diciassettenne al volante. Infarto dell’uomo e gara sospesa. Funerale rombante e cerimonioso, dolore della ragazza protagonista interrotto dall’arrivo del fratello tossico (Accorsi) sparito per dieci anni dopo la fuga di una madre mai presente. Vengono fuori le magagne: il padre morto aveva ipotecato la casa scommettendo sulla vittoria della figlia nel campionato GT. Col suo team che si disgrega, alla ragazza rimane solo un vecchio meccanico per sperare nella vittoria.

Si trova poi giocoforza a dover condividere il tetto con il fratello più grande e la sua fidanzata; dapprincipio vince il disprezzo, ma subentra la necessità di lavorare in squadra quando lui si rivela essere un ex pilota estremamente dotato con una visione un po’ fuori dagli schemi. Tra cedimenti e incomprensioni, i due si trovano a condividere più di quel che immaginavano.

Se il plot è basilare, non ci sono facili giochi di sceneggiatura. Nessun nemico giurato sulle quattro ruote, né scheletri di famiglia nascosti in armadi o cantine (o meglio; ci sono, ma hanno la poca importanza che si meritano). Non viene banalizzato il senso della famiglia da una facile retorica buonista o da riscatti assoluti e irreali. C’è quello che c’è, e tutto è trattato con occhio carico ma mai esagerato. Unica pecca verso il traguardo: si oscilla troppo tra rosa e nero per poi ripararsi dietro una rassicurante e prevedibile via di mezzo.

Accorsi non gioca a fare il “tossico di merda”. Lo è. Stupefacente per il volto scavato, per le movenze di scoordinata precisione e per la schietta naturalezza del suo strascicato slang emiliano (ogni tanto forse troppo orientato verso una facile risata). Buono anche l’esordio di Matilda De Angelis; sofferta adolescenza tesa verso l’ombra nefasta della responsabilità.

Lampi di italiana essenzialità che smorzano una grandiosa impalcatura americaneggiante. Piacevole e diretto; non chiede troppo ma lo chiede con cura.

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