Una mamma per amica: di nuovo insieme – Recensione

Netflix ci ha regalato l’ottava stagione di Una mamma per amica (trailer). In onda sulla piattaforma dal 25 novembre, continua la storia delle Gilmore, madre e figlia, dopo nove anni dal momento in cui le avevamo lasciate. E dopo nove anni dall’ultima stagione. La serie, in onda dal 2000 al 2007, era stata interrotta proprio alla settima stagione. I fan erano rimasti a bocca asciutta. Netflix ha cavalcato l’onda nostalgica degli ultimi anni, andando a ripescare la creatrice Amy Sherman-Palladino e affidandole quattro episodi. Ogni episodio associato a una stagione – dall’inverno all’autunno – della durata di un’ora e mezzo ciascuno. Temi e stile immutati, in nome di un’affezione che si lega a facce e meccanismi, fregandosene degli anni che passano. Affezione che, malgrado un finale promesso ma non mantenuto, ha funzionato a meraviglia. Soprattutto con l’uso di cast (e doppiatori) originali.

Una mamma per amica – piccoli preparativi di futuro

Rory (Alexis Bledel) torna a Stars Hollow dopo lungo tempo di assenza. Ora ha 32 anni, viaggia da Londra a New York, nella speranza di riuscire a trovare un lavoro come giornalista-scrittrice. La sua relazione col ricco Logan (Matt Czuchry) è torbida. Amici di sesso, più o meno. Lorelai (Lauren Graham) invece ha finalmente trovato una stabilità nel rapporto con Luke (Scott Patterson), solo che non sembra del tutto a suo agio. Oscilla tra indecisioni di matrimonio, di un altro figlio e altre paure. Emily Gilmore (Kelly Bishop), madre di Lorelai e nonna di Rory, fatica a lasciarsi alle spalle il marito Richard, morto quattro mesi prima, dopo cinquant’anni di matrimonio. Per una gaffe della figlia durante il funerale, il rapporto tra lei e Lorelai si è incrinato.

Una cosa si nota. Tutte e tre le Gilmore Girls sembrano essere inchiodate dalla paura del futuro. Ognuna ha davanti a sé un buco nero. Può essere l’affermare la propria indipendenza, l’affrontare la maturità insieme al proprio passato, o accettare la solitudine. Ma il fondo è sempre quello.

I quattro episodi si snodano su queste basi. È il percorso delle tre donne davanti a tre diversi crocevia della vita. Terapia tra madre e figlia, incertezza di case, cambiamenti di mobili e ritratti gargantueschi. A corollario, la stuola di altri personaggi buffoneschi che già conosciamo. Il sindaco Taylor, sempre alla ricerca di assurdi modi di rendere grande Stars Hollow (chiedere alle città vicine dei gay in prestito per fare un gay pride). Kirk, con maiale da compagnia e improbabili corti cinematografici. Michel, stretto in un hotel troppo piccolo per le sue capacità e i suoi commenti acidi.

Una mamma per amica – stile immutabile (ma esatto)

Dialoghi come sempre brillanti. Battute al limite del surreale, incalzanti, che creano il divertimento dall’assurdità. Ma anche da un’esasperazione di tratti dannatamente reali. Questa combinazione è sempre stata la forza di Una mamma per amica. Unione di assurdo e romantico, di reale e surreale, di adolescenza e maturità. Quest’ultimo binomio si nota in ogni personaggio. Anche Emily, pur nella sua età avanzata, nei momenti in cui discute con Lorelai, non è che una tredicenne arrabbiata che si attacca ad ogni piccolezza pur di avere ragione.

Rory e i personaggi che le fanno da contorno, come sempre, hanno meno forza. Gli ammicchi al presente di trentenni dispersi suona bene quando viene deriso (v. la gang dei trentenni). Quando si prova davvero a darci una drammaticità perde colpi, vuoi per i dialoghi poco curati, vuoi per attori non all’altezza di toni più gravi. Colpa anche di un personaggio – Rory – che, di per sé, risulta poco sopportabile nella sua petulanza e nel suo arrogante mascherarsi dietro al perbenismo.

Regia e fotografia non variano. Patina anni ’90-2000, che permette di raccontare i fatti con più leggerezza. Ma che fatica a dare profondità psicologica. Gli accenni a una complessità interiore ed emotiva non sono sottolineati dalle immagini. Si colgono a sprazzi, nei momenti romantici o in quelli esageratamente drammatici, ma fanno in ogni caso fatica a scrollarsi la patina che indossano. Esteriorità che rischia di cadere nella superficialità. Anche il continuo citazionismo (dalla contemporaneità di serie e internet, ai classici letterari e non) non fa che acuire questo aspetto. Come a dare una giustificazione pseudo-intellettuale che rimane ferma alle parole.

Per concludere…

Una mamma per amica – Di nuovo insieme è comunque il degno seguito della serie anni 2000. Anche se ci era stata promessa come conclusione, e così non si è rivelata, è un bel tuffo indietro di dieci anni per tutti i fan. Un grande ammicco per poter ammiccare ancora. Ma, in fondo, si ride, ci si può commuovere e tornare ad appassionarsi. Ed è comunque, in un mondo che fa del progresso il proprio dogma, un piccolo appiglio alla certezza che certe cose non cambiano mai.

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