Tomorrowland: Recensione in anteprima del film di Brad Bird

Fra le personalità più influenti della Pixar, vera e propria fucina di sogni, Brad Bird fonda proprio sui sogni e la speranza la sua ultima fatica: Tomorrowland – Il mondo di domani. Distintosi per aver diretto e sceneggiato alcuni dei lungometraggi animati più incisivi della compagnia di Emeryville, tra cui Gli Incredibili, il regista era approdato al live-action nel 2011 con Mission: Impossible – Protocollo fantasma. Tornato ora in casa Disney, Bird si lancia nel mondo delle utopie/distopie attraverso un viaggio che include dimensioni parallele, profezie autoavveranti e tecnologie fantascientifiche.

L’influenza della Disney si sente sin dalla costruzione del racconto, il cui incipit è tanto classico da poter essere usato per uno dei film animati della compagnia. Protagonista è Casey (Britt Robertson), ragazza piena di fiducia nel mondo nonostante, guardandosi attorno, veda solo segnali di scoraggiamento per il futuro. Nel suo piccolo, cerca di fare la cosa giusta e proprio questo suo carattere di irriducibile sognatrice la spingerà in un’avventura dal cui esito dipende il destino della Terra.

Bird pone così le basi di un racconto potenzialmente avvincente, che pur inserendosi nel filone abusato dell’eletto in missione per salvare il pianeta, ha dalla sua l’ideazione di un’affascinante realtà parallela avveniristica. Tomorrowland, questo mondo apparentemente perfetto ideato dalle più grandi menti viventi, stupisce per la sua realizzazione estetica dalle forme e dai colori rassicuranti e accoglienti; non aggiunge nulla di nuovo all’immaginario del genere, ma attinge abilmente dal repertorio cinematografico e non solo. In realtà, per quanto sia visivamente accattivante, il mondo di Tomorrowland assume importanza per ciò che rappresenta più che per il suo effettivo coinvolgimento nel susseguirsi delle vicende: una realtà utopica, progettata per essere perfetta da un’élite di individui ispirati, in contrapposizione al nostro mondo caotico e proteso verso l’autodistruzione.

Tutti i presupposti per un’avventura mozzafiato ci sono, ma le buoni intenzioni si sgretolano man mano che la narrazione si dipana. Se è vero che la semplicità della storia può essere un elemento a favore, che non costringa lo spettatore ad arrovellarsi eccessivamente la mente distraendolo dal cuore del film, il voler enfatizzare a ogni costo temi ben chiari di per sé appesantisce il titolo di una retorica superflua nei momenti meno opportuni della pellicola; la tendenza a spiegare tutto, attraverso il dialogo che rimarca azioni e pensieri dei personaggi, lascia interdetti soprattutto perché siamo di fronte a un titolo che fa dell’immagine il suo fiore all’occhiello; da parte dello stesso regista, da anni parte integrante della Pixar in cui l’immagine è alla base della costruzione dei lungometraggi, ci si sarebbe aspettato un atteggiamento diverso dove a parlare fosse stato soprattutto la macchina da presa e ciò che questa inquadra.

La sceneggiatura, scritta da Bird assieme a Damon Lindelof, risulta così più pesante del necessario, abbattendo il ritmo di una storia che vive di sprazzi, ma che non riesce a carburare fino in fondo. Questa è una costante che affligge l’intero titolo, fornendo dettagli interessanti al pubblico che si trova però poi davanti a deviazioni o dilazioni della storia che spengono la curiosità e che trasformano i 130 minuti in una cavalcata infinita verso l’epilogo lontano. A dare vigore alla pellicola sono le già citate atmosfere di Tomorrowland, il cui spazio è però meno rilevante di quello che probabilmente immaginate, e le sequenze d’azione ben orchestrate da Bird, con cui si riesce comunque ad arrivare fino in fondo davvero curiosi di sapere con quale escamotage calerà il sipario sul film.

E forse la conclusione è il momento più contraddittorio del film: al centro della vicenda vi è una ragazza piena di speranza, che non vuole accettare il fatto che il mondo sia destinato alla morte, contrapposta a un burbero inventore (George Clooney) che ha smesso di credere nella possibilità di un cambiamento. Risulta quindi difficile assistere nel finale (non entro nei dettagli, concentrandomi piuttosto sulla direzione presa dall’epilogo) a un’effettiva assenza di mutamento nel mondo, rappresentata tuttavia in un clima di grande speranza. Se forse l’intenzione di Bird era quella di sottolineare che non è possibile migliorare il destino dell’umanità senza partire dal singolo, ricreare alla fine quello stesso equilibrio che si era dimostrato precedentemente fallace, fa pensare che a poter avere una chance siano solo coloro che già sognano, escludendo qualsiasi possibilità al resto del mondo. Un discorso ambiguo, che credo andrebbe preso meno entusiasticamente rispetto alla rappresentazione incantata che ne dà il film.

Tomorrowland – Il mondo di domani è perciò un lavoro il cui incipit e il cui messaggio speranzoso alla base fanno rombare i motori verso un viaggio emozionante, che perde però di fascino man mano che il titolo prosegue, a causa di una sceneggiatura ridondante, ricco di luoghi comuni cinematografici e le cui digressioni rendono più difficile ritornare sui passi della storia principale. Le sequenze d’azione e i brevi sguardi concessi a Tomorrowland sono sicuramente l’aspetto più affascinante, e forse proprio per questo dispiace che non siano stati utilizzati al meglio, finendo per trasmettere un messaggio condivisibile di fondo, ma spropositatamente gonfiato e vittima di una retromarcia, apparentemente inconsapevole, sul finale.

Tomorrowland – Il mondo di domani (QUI il trailer italiano), diretto da Brad Bird, arriverà nelle sale italiane il 21 maggio 2015, con un cast formato da Britt Robertson, George Clooney, Hugh Laurie e Kathryn Hahn.

Link adv