The Legend of Tarzan – Recensione: un Disney con identità

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Il bello di The legend of Tarzan è che si fa i fatti propri. È un film a sé stante. Svicola da ammicchi, ripetizioni, rifacimenti, citazioni, omaggi. Insomma: ha una sua identità cinematografica. E questo, dalla Disney – soprattutto di questi tempi – è un valore aggiunto.

The Legend of Tarzan – Mal d’Africa e linearità

Tarzan (Alexander Skarsgard), al secolo londinese John Clayton III, dopo una lunga assenza dal Congo, si ritrova invischiato in una faccenda politica. Portavoce del Parlamento, deve tornare nella sua terra natale per vigilare su sospette attività di schiavismo. Assieme a lui, il dottor George Washington Williams (Samuel L. Jackson) e la moglie Jane (Margot Robbie). Nessuno sospetta che è tutto un piano del capitano Léon Rom (Cristoph Waltz). Il suo scopo è consegnare Tarzan a Mbonga, capotribù che vuole vendetta ed è in possesso di una riserva di diamanti capaci di risollevare le sorti del Belgio coloniale. Jane catturata. Ed è corsa selvaggia in mezzo alla giungla per salvarla.

Visioni d’Africa – cieli che annegano, giungle che incombono, praterie sterminate. La regia, affidata a David Yates, gioca con i toni, freddo/caldo, per staccare Londra e Congo, rischio e sicurezza, familiarità e distacco. Ogni tanto, sui flashback che ripercorrono il passato di Tarzan, si cade nel patinato. L’effetto, però, è consono all’insieme.

Il biondo Skarsgard è deludente. Volto sbigottito da infante sculacciato. Ok, da un Tarzan magari non ci si aspetta una recitazione raffinata, ma almeno uno stock di cinque espressioni differenti sì. Perlomeno ci pensano gli altri membri del cast a ritirare su il livello recitativo. La Robbie (Suicide Squad) lavora bene su un personaggio femminile forte, onesto. Non particolarmente ricco, ma riuscito. Il sempre ottimo Waltz  (Django Big Eyes) si trova a meraviglia nei panni di un cattivo raffinato, ben congegnato, doppiogiochista e sornione.

Per concludere…

Niente battutine, qua. Una Disney onesta, diretta, lineare. Si ha quel che ci si aspetta: un film d’avventura godibile che non cerca nulla in più di quello che offre. La regia tiene bene tempi e immagini. La sceneggiatura non sbrodola e non fiacca. Gusto per gli occhi e riposo per la mente.

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