Tartarughe Ninja – Recensione

Se vi proponessero di realizzare un fumetto su quattro tartarughe mutanti che praticano le arti marziali, probabilmente ridereste in faccia al poveretto di turno che è stato così ingenuo da aprire bocca a riguardo. Considerando tuttavia che il brand Tartarughe Ninja è stato uno dei più famosi negli anni ’80, non si può dire che i disegnatori Kevin Eastman e Peter Laird siano stati degli sprovveduti.

Tra serie animate, videogiochi, vere band musicali in giro a fare concerti e ovviamente riduzioni cinematografiche, le Tartarughe Ninja sono state un fenomeno stupefacente per coloro che oggi sono ormai proiettati verso i 30 anni.

L’assunto del fumetto vede quattro piccole tartarughe esposte a un composto chimico che gli permette di sviluppare capacità sorprendenti, rendendole intellettualmente e fisicamente simili agli umani. Rifugiatisi nelle fogne, i quattro fratelli si dedicano alle arti marziali sotto la guida del loro maestro Splinter, roditore anch’esso mutato, fino a diventare dei ninja pronti a salvare il mondo in superficie.

L’ultima trasposizione sul grande schermo risale al 2007, quando Kevin Munroe realizzò il film d’animazione TMNT. Precedentemente, vi erano già stati tre adattamenti, tutti girati dal vivo con attori in costume nella parte dei quattro protagonisti. L’ultimo capitolo di questa trilogia è del 1993, intitolato semplicemente Tartarughe Ninja III, ed è l’unico di queste pellicole anni ’90 a distaccarsi abbastanza dal fumetto, a cui erano stati invece molto fedeli i predecessori, e ad avvicinarsi alla serie animata (come farà poi Munroe).

In questo senso, Tartarughe Ninja di Jonathan Liebesman (regista di Non aprite quella porta: l’inizio e La furia dei titani) si pone l’obiettivo di calare nuovamente i quattro ninja nella realtà, tornando al live-action farcito però di computer grafica. L’intenzione è ridare vita ai simpatici rettili, assegnare loro gli elementi tipici che li definiscono e a quel punto immergerli nel tecnologico mondo contemporaneo.

Non si può non apprezzare l’idea di inserire nuovamente attori in carne ossa e affidare la riproduzione dei mutanti al CG si dimostra azzeccata, facendosi strada tra gli interpreti senza essere preponderante o evidenziando il divario tra realtà e finzione (Splinter a parte). Il plauso da fare al film è quindi sicuramente quello di aver creato quattro personaggi che funzionano tra loro, tutti facilmente riconoscibili; non si deve fare affidamento solo sul colore della maschera o sull’arma utilizzata per distinguerli, poiché ognuno è stato costruito in modo da poter sapere chi abbiamo di fronte anche solo sentendolo parlare. Abbiamo Donatello, grande esperto di informatica e di tecnologia dalla parlantina svelta, abile con i calcoli è un po’ il cervellone del gruppo; poi c’è Michelangelo, lo svampito, sempre con la battuta pronta e che non perde occasione per sdrammatizzare così come per fare riferimenti cinematografici; infine abbiamo il duo composto da Leonardo e Raffaello, il primo scelto come  leader dal maestro Splinter e desideroso di mostrarsi saggio e forte per il bene del gruppo, il secondo molto risoluto e apparentemente il più burbero dei quattro, in competizione con Leonardo per il ruolo di maschio alfa.

Grazie anche alle piccole differenze fisiche, confondersi è molto difficile e questo, per un film i cui protagonisti sono tartarughe quasi identiche tra loro, è una mano santa. La chimica tra i fratelli è ottima e ognuno gioca un ruolo fondamentale per mantenere in equilibrio il film. Non mancano inoltre occasioni per immergere i personaggi nel contesto moderno, con numerosi richiami alla cultura popolare che, almeno inizialmente nei fumetti, era il punto di forza del brand; tartarughe giganti che si trasformano in vigilanti per difendere la giustizia, ma che non perdono mai l’opportunità di gustarsi una fetta di pizza, guidare veicoli, ballare e cantare. Dopotutto, sono solo adolescenti.

Discutere sul fatto che non assomiglino all’originale, che siano stati introdotti elementi inediti che snaturano la squadra nata su carta, si riduce alla solita perdita di tempo, perché il cinema non deve sottostare alle regole imposte dal materiale originale, bensì dovrebbe darne una chiave di lettura unica per il grande schermo, rispettando la fonte senza però essere costretto a rimanerne completamente fedele.

Volendo parlare di problemi, infatti, questi nascono proprio valutando il titolo da un punto di vista esclusivamente cinematografico. Se grande valore è stato dato ai quattro ninja, i personaggi di contorno si riducono a macchiette. La giovane reporter decisa a farsi valere e realizzare il servizio della vita, il cameraman che pensa quasi esclusivamente alle donne e protagonista di siparietti anche con la morte di fronte, il riccone doppiogiochista assetato di potere… tutti si dimostrano poco interessanti, inseriti perché la trama ha stabilito così, ma che risultano opachi nel corso del film. Persino Shredder, anch’egli rappresentato in CG quando indossa l’armatura, si riduce a un robottone di fine livello che i fratelli devono sconfiggere perché è il cattivo che vuole conquistare il mondo. Non aiutano gli interpreti, spaesati nei loro ruoli, che caricano spesso la recitazione in modo imbarazzante; ancora una volta non si parla di discrepanze tra i personaggi originali e quelli qui rappresentati, bensì di un casting non molto azzeccato per gli attori di supporto. Non saprei dire se Megan Fox non ci abbia nemmeno provato o se lo abbia fatto senza riuscirci, ma una co-protagonista così artificiosa rende il lungometraggio molto più difficile da digerire (l’attrice ha però pensato bene di mandare al diavolo i detrattori del film); non colpisce nemmeno William Fichtner, che invece di apparire ambiguo e pericoloso finisce per annoiare esasperando la sua performance.

La trama in sé, su cui preferisco non dilungarmi e lasciare a voi il piacere di scoprirla, è di quelle così esili e rimasticate centinaia di volte che nemmeno ci si fa caso e la sceneggiatura soffre di alcune ingenuità da far cadere le braccia. Liebesman cerca di ravvivare il tutto con alcuni trucchetti come un utilizzo del lens flare che farebbe rabbrividire addirittura J.J. Abrams e alcune scene d’azione concitate, che potrebbero divertire se non fossero tirate così per le lunghe. Le tartarughe si amalgamano bene nel contesto metropolitano di oggi e la loro comicità, a tratti infantile, non si fa odiare come si potrebbe pensare, ma è come se le energie fossero state dedicate tutte al dinamico quadretto (le cui voci originali sono azzeccatissime) e quando si è arrivati a ciò che li circonda, il team ha alzato bandiera bianca cospargendo il film di snodi narrativi scontati, personaggi bidimensionali e scene tanto frenetiche quanto trascurabili. In particolare, l’uso del 3D risulta dannoso in queste sequenze, così come le rapide carrellate della città, che portano lo spettatore a girovagare con lo sguardo alla ricerca di un punto di riferimento che sembra arrivare ma che non si riesce poi a individuare a causa del puntuale cambio di scena. Ed ecco che lo spettatore frastornato è servito.

Riassumendo il tutto, si potrebbe dire che Tartarughe Ninja ha il merito di ridare ai quattro rettili un’identità cinematografica, chiave del film e valido punto di partenza su cui costruire un buon prodotto d’intrattenimento (e a molti potrebbe bastare per andarlo a vedere). Le battute, le numerose citazioni e gli effetti speciali roboanti sono il perfetto mix per un popcorn movie che viene tuttavia mutilato da una storia scribacchiata giusto per fungere da ossatura e un mare di niente artificiale che strattonano il pubblico tra il divertimento e la noia, e forse ad avere la meglio è proprio quest’ultima. Si esce dalla sala consapevoli di aver visto un blockbuster action con tutti gli elementi tipici del genere (esplosioni, lotte, umorismo e via dicendo), ma ci si rende conto al contempo di aver assistito alla proiezione in modo piuttosto passivo, quasi noncuranti di ciò che passava sullo schermo, troppo scontato per risultare attraente.

La prima pietra è stata comunque posta e, visto il successo del film negli Stati Uniti, la Paramount ha già annunciato il sequel, fissato per il 3 giugno 2016.

Tartarughe Ninja (QUI uno sguardo dettagliato al film), diretto da Jonathan Liebesman e firmato dalla Paramount Pictures assieme alla Nickelodeon Movies, arriverà nelle sale italiane il 18 settembre. Tra i produttori figura Michael Bay, mentre tra gli interpreti principali troviamo Megan Fox, Will Arnett e William Fichtner. Le quattro tartarughe sono interpretate da Alan Ritchson (Raffaello), Noel Fisher (Michelangelo), Jeremy Howard (Donatello) e Pete Ploszeck (che ha realizzato la perfomance capture per Leonardo, poi doppiato da Johnny Knoxville). Nel cast anche Whoopi Goldberg, Tohoru Masamune e Danny Woodburn (che ha dato vita a Splinter, poi doppiato da Tony Shalhoub). QUI trovate il trailer italiano del film, mentre a QUESTO LINK potete dare un’occhiata alle scene tagliate.

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