Synecdoche, New York – Recensione

Recensire un film come Synecdoche, New York è un incarico molto arduo, perché dietro la cinepresa troviamo un uomo altrettanto complesso, nonché Charlie Kaufman. Prima di affrontare questa difficile critica analizziamo la trama.

La vita personale del regista teatrale Caden Cotard (Philip Seymour Hoffman) è afflitta da una grave depressione, derivata dai propri insuccessi. Abbandonato dalla moglie Adele (Catherine Keener) per un’altra donna (Jennifer Jason Leigh), Caden perde da questo divorzio anche sua figlia. A render l’esistenza ancor più difficoltosa è la relazione fallita, successivamente al divorzio, con la collega e amica Hazel (Samantha Morton). Codan Cotard decide così di sopprimere i propri  pensieri con il lavoro, un progetto teatrale ambizioso. L’opera in questione è la propria biografia rappresentata nel modo più realistico possibile, giungendo a ricostruire una parte di New York nel proprio teatro, dove gli spettatori sono gli stessi attori. Interpreti che si auto-dirigono, recitando il ruolo di Caden e i loro attori a loro volta ne dirigono altri giungendo in un ciclo apparentemente infinito. Ma ecco che la finzione e la realtà si incontrano, capovolgendo i loro ruoli nell’opera altrettanto ambiziosa di Charlie Kaufman.

La sineddoche non si limita a New York ma si estende alla vita in generale, ne deduciamo senza difficoltà un’esperienza negativa. La morte conduce il film come ci guida nella vita, per esempio nel protagonista stesso, malato di una patologia allo spettatore sconosciuta. Caden teme così tanto la propria morte che si preoccupa se vede del sangue sul proprio filo interdentale o a volte lo vediamo analizzare con un bastoncino le proprie feci, sempre alla ricerca di qualche nuova malattia. Ma la morte arriva quando meno ce lo aspettiamo e con estremo cinismo, non ce ne accorgiamo, tranne quando siamo noi le sue vittime.

Ma la parte più interessante del film, sui passi di Konstantin Sergeevic Stanislavskij e della potenza metafisica dell’arte nietzschiana, è certamente l’analisi del dualismo realtà e finzione. La vita di tutti i giorni e il teatro sono la stessa cosa, ed ecco che giustifichiamo l’apparente follia di questo film, come Hazel vivere in una casa perennemente in fiamme per motivi economici o la figlia di Caden fare una cacca verde. Mentre un’analisi soggettività padroneggia la vita reale ecco che al contrario nel teatro, Caden cerca di descrivere nella maniera più oggettiva possibile la propria vita, giungendo a ricostruire una miniatura di New York nel proprio spettacolo.

Con tale metodo, il regista Charlie Kaufman, fonde splendidamente la realtà con la finzione ma confonde ulteriormente lo spettatore, già in alto mare a seguire una trama così intrigata affrontata in un montaggio indecifrabile. Specialmente in quest’epoca, dove i criteri d’attenzione dello spettatore medio sono molto limitati o seri dubbi che la gran parte del pubblico che guarderà questo film riuscirà ad avere un’idea compiuta sulla pellicola. Ottenendo una soluzione alla lettura del linguaggio filmico solo nell’ultima parte del film è facile che possano fuggirci dettagli importanti sul messaggio complessivo del lungometraggio. Un’unica visione della pellicola, se non seguita in modo adeguato, potrebbe crearci unicamente una grande confusione mentale o il fraintendimento della trama. L’esposizione del plot appare lenta e inizialmente non si comprende quale sia l’obbiettivo del film, svelato man mano che si avanza nella visione.

Insomma il suo punto di forza è allo stesso tempo il suo più grande difetto ma rimane difficile immaginare un’opera differente per affrontare i temi citati. Se la trama del film venisse semplificata, probabilmente la pellicola perderebbe di profondità. Charlie Kaufman, alla sua prima regia ma con alle spalle anni e anni di esperienza nello scrivere sceneggiature (Essere John Malkovich e Se mi lasci ti cancello, tra i suoi film più celebri), ha preferito sacrificare lo spettatore per realizzare un’opera più personale.

Synecdoche, New York è una produzione che risale al 2008 ma che nelle sale italiane giungerà solo dal 19 Giugno 2014.

A cura di Paolo Rovatti.

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