Chi sta scrivendo ritiene che il cinema possa inglobare tutte le restanti arti e riunirle al servizio di un film, ma nel momento in cui si decide di adattare un libro, un fumetto, un cartone animato o via dicendo è necessario staccarsi dal materiale originale, in quanto il cinema ha le proprie regole e non dovrebbe piegarsi a quelle delle altre forme d’arte.
Parlando di Sin City la questione si complica, poiché i film di Robert Rodriguez, diretti assieme all’autore del fumetto Frank Miller, nascono con l’obiettivo di rappresentare sullo schermo un mondo a fumetti: sia per i personaggi, sia per la narrazione, sia per lo stile visivo.
Sin City Una donna per cui uccidere è la seconda pellicola firmata dai due autori che narra le vicende della Città del Peccato e arriva a 9 anni di distanza dal primo film.
In questa serie, la commistione tra cinema e fumetto è talmente salda che i due elementi vanno quasi a formare un unicum. Si guarda un film, senza dubbio, ma la radice cartacea si respira in ogni fotogramma. Nonostante l’errore di molti cinecomic sia quello di affidarne la regia ad appassionati di fumetti, ma con nessuna esperienza registica alle spalle, la fortuna di Sin City 2 è che a dirigere ci sia un mestierante come Rodriguez, che tecnicamente riesce a reggere l’equilibrio tra i due media senza eccessivo stridore.
Visivamente il lavoro dei registi è di ottima fattura: i contrasti netti, con le luci e le ombre che si intersecano, creano un effetto marcatamente noir in cui le intense scariche di luce proiettano delle lunghe ombre che ricordano tanto quei film in bianco e nero degli anni ’30. La tecnica funziona, palesando delle anime perdute, immerse nel peccato come fossero sul fondo di un pozzo e i barlumi di speranza che li illuminano non sono che rari lampi di luce, spesso artificiali o generati da sinistri fulmini, e a cui è concesso vedere colori solo nella brutalità di viscere e liquidi corporei o nella manciata di personaggi la cui innocenza sembra ancora resistere in quello squallido mondo. Uscire da Sin City, fuggire dalla perdizione, non è il destino dei protagonisti, che per quanto cerchino di scrollarsi il marcio di dosso finiscono per trovarsene nuovamente ricoperti e diventare essi stessi parte di quel sudiciume da cui sono circondati.
Gli interpreti, alcuni dei quali ripresi dal primo film, sono tutti molto azzeccati, su tutti Mickey Rourke nei panni di Marv, Jessica Alba in quelli di Nancy Callahan e Powers Boothe nel ruolo dello spietato senatore Roarke; anche le new-entry sono di tutto rispetto: Joseph Gordon-Levitt è l’arrogante giocatore d’azzardo Johnny, mentre Josh Brolin eredita dignitosamente il ruolo di Dwight da Clive Owen. Tutti fanno parte di questo circolo riservato alla crudeltà e alla vendetta e l’unico (o forse il più semplice) modo per renderli convincenti è proprio quello di preservarli nel loro originario contesto fumettistico. C’è da dire che, per una volta, il 3D trova quasi un senso in questa pellicola; a parte occasionali incertezze, la tecnologia stereoscopica concede al titolo quella profondità che ci fa credere di stare ad assistere effettivamente a un fumetto animato. I personaggi sembrano chiusi all’interno di tante vignette in successione ed è come se prendessero vita direttamente dalla carta.
Questo sforzo, per quanto encomiabile, dà la sensazione, tuttavia, che Sin City – Una donna per cui uccidere sia perlopiù accessibile ai soli fan dell’opera di Miller, che si recano al cinema per vedere i propri eroi, per così dire, interpretati da attori in carne e ossa all’interno di un mondo fedele in quasi tutto a quello disegnato.
Raggiungere un pubblico più vasto risulta difficile, in quanto la tecnica narrativa, già sperimentata nel primo film, vede una trama che si snoda alternando le storie dei diversi personaggi, saltando da uno all’altro fino a raggiungere l’epilogo di ogni vicenda. Questo metodo, preso dal fumetto e dalla serialità in generale, rende le (dis)avventure dei vari protagonisti slegate tra loro in mancanza di un reale filo narrativo; ognuno cerca di vendicarsi a modo suo, riuscendoci o meno, ma alla fine della giostra tutto ciò che si è ottenuto sono spargimenti di sangue e corpi mutilati. I personaggi maschili sono quasi tutti violenti omicidi che vedono le donne come oggetto o sono loro eterni schiavi; le controparti femminili si divertono a controllare gli uomini stolti assetati di sangue e sesso, trasformandoli in marionette e non perdendo occasione di concedersi anche loro qualche svago brutale.
È questo che principalmente non va nel lungometraggio: una sceneggiatura discontinua di episodi perlopiù fini a se stessi. Tornando al dilemma iniziale, riguardo il fondersi di cinema e fumetto, mi dico dunque che l’errore di Sin City – Una donna per cui uccidere sia stato affidarsi a uno script noioso; allo stesso tempo, però, ripenso al fatto che l’idea di base sia stata traslare sul grande schermo, con pochi passaggi intermedi, un fumetto creato per uscire a puntate. È qui che la pellicola di Rodriguez e Miller fallisce, non riuscendo a intrattenere (e non intendo strettamente divertire) a causa di una reale transizione tra i due media. Nemmeno la co-sceneggiatura di William Monahan (premio Oscar per The Departed – Il bene e il male e recentemente autore di Oblivion) è in grado di dare brio a una serie di racconti difficili da mettere insieme in un lungometraggio superiore ai 90 minuti.
Sin City – Una donna per cui uccidere esalta dunque tutti gli effetti visivi che contraddistinguono la saga e che hanno fatto la fortuna del primo capitolo. L’occhio, tuttavia, finisce per essere l’unico a godersi lo spettacolo, sempre che si sia fan di questo genere di cinema, lasciando il resto dello spettatore attanagliato dalla noia delle vicende puramente cariche di violenza, senza dare altro motivo per seguire il film se non quello di assistere allo spettacolo di massacro che si staglia sullo schermo. I personaggi, la cui dubbia moralità viene a volte condannata a volte glorificata, scalciano l’uno con l’altro per avere il proprio spazio ma alla fine nessuno ottiene il coinvolgimento del pubblico. Da questo punto di vista, il secondo capitolo di questa saga è più un passo indietro che un’evoluzione, tramutandosi in un semplice esercizio di stile, penalizzato dal desiderio di fare del cinema un fumetto e non viceversa.
Sin City – Una donna per cui uccidere (QUI lo spot televisivo finale) arriverà in Italia il 2 ottobre. Diretto da Robert Rodriguez e da Frank Miller, anche sceneggiatori assieme a William Monahan, il film vede il ritorno nel cast di Bruce Willis, Rosario Dawson, Jaime King, Jessica Alba, Mickey Rourke e Powers Boothe, già presenti nel primo capitolo. A loro si uniranno Joseph Gordon-Levitt, Josh Brolin, Eva Green, Dennis Haysbert, Christopher Meloni, Jeremy Piven, Jamie Chung, Ray Liotta, Juno Temple, Julia Garner e Stacy Keach.
Nel film “si intrecciano due storie classiche di Miller (A Dame to Kill For e Just Another Saturday Night) con due racconti inediti (The Long Bad Night e The Fat Loss), durante i quali gli abitanti più duri della città si imbattono in alcuni dei più famigerati cittadini.”