Della seconda parte de Lo Hobbit, dedicata alla Desolazione di Smaug, vi abbiamo già raccontato praticamente tutto qui in anteprima. Adesso che il film è nelle sale però resta forse la cosa più importante ancora da fare: restano i commenti. Stiamo parlando di un film che negli Stati Uniti è in testa al box office e che da noi è al secondo posto, dati che di per sé sarebbero positivi, se non fosse che le facce, all’uscita dalle sale, spesso dicono un’altra cosa. E anche i commenti sui social non brillano molto. Più che altro se ne trovano pochi, come se nessuno avesse voglia di parlarne.
Lo Hobbit – La Desolazione di Smaug, tutti gli errori
A titolo d’esempio vi riporto l’autorevole critica della figlia di amici, una bambina di cinque anni, grande amante del Signore degli Anelli; questo commentino ha fatto seguito a diversi minuti di pensoso silenzio, all’uscita dal cinema:
Senti mamma, però Legolas è invecchiato, e anche un po’ grasso; è giusto?”
In realtà non fa mica tanto ridere. Perché se una bambina invece di lasciarsi rapire dalla magia della storia riesce a vedere l’attore dietro al personaggio, vuol dire che nel film qualcosa non funziona, che non è un film “giusto”, insomma.
Eppure la critica sta parlando bene di questo film, elogiando gli interpreti, la regia, le ambientazioni. Qualcuno ha
già detto che è molto meglio della prima parte, perché tornano le dimensioni epiche del Signore degli Anelli. Io però in questi commenti sento un sospiro di sollievo travestito: come dire, meno male che un po’ decolla. Decolla, vero? Sarà. Se lo dite voi. Ma a me sembra di no.
E allora cos’è che non è tanto “giusto”, in questi nuovi film di Peter Jackson, visto che quelli della trilogia del Signore degli Anelli invece continuano ad affascinare, anche adesso, a distanza di più di una decade, quando ormai le tecnologie sono piuttosto datate?
La mia risposta è che in questi film manca… Tolkien. Il modello del Signore degli Anelli sono stati i magistrali romanzi di Tolkien, le sue illustrazioni, il suo immaginario. Ma questa volta il modello è un altro: e precisamente quello epico e altisonante della trilogia cinematografica. Allo Hobbit manca la dimensione domestica, da racconto della buona notte, che invece il romanzo di Tolkien ha.
Forse chi questi film li ha pensati ha voluto a tutti i costi continuare un lavoro già iniziato, dimenticandosi che per Tolkien Lo Hobbit aveva ben poco di epico. Era soltanto un piccolissimo tassello in una struttura portentosa, l’intera storia di un mondo fantastico da lui creato e riprodotto fin nei minimi dettagli. Il Signore degli Anelli, nato come trilogia, per Tolkien aveva chiaramente un peso ben diverso. Ma Lo Hobbit è sempre stato molto più vicino alla fantasia dei bambini che al racconto epico.
Anche i disegni che accompagnano Lo Hobbit sono molto più semplici. E i film fino ad ora non sembrano essercisi ispirati molto: in alto potete vedere Smaug così come uscì dai colori di Tolkien, e qui a fianco come viene rappresentato al cinema. D’accordo, manca ancora la terza parte, che arriverà solo tra un anno. Si può sempre sperare che in qualche modo Lo Hobbit si aggiusti, come capita nelle favole dove prima del lieto fine vengono i tempi bui. Per il momento però io sono d’accordo con la bambina di cui sopra: secondo me ha ragione quando dice che Lo Hobbit non è un film “giusto”.
PS: a beneficio dei fans di Orlando Bloom alias Legolas che non avessero ancora visto il film e temessero il peggio, vi allego una clip del film rilasciata di recente. State tranquilli, per noi adulti Legolas è sempre lo stesso: