Sausage party – Recensione: indigestione d’oscenità

Sausage party, almeno dal trailer, prometteva molto bene. Si presentava come irriverente provocazione. Ammicchi sessuali, cattiveria antidisneyana, citazionismo. Il sesso c’è, ma non è un ammicco. È, piuttosto, la comicità grossolana e oscena tipica di chi vuole provocare ad ogni costo. Quel riso di chi è rimasto fermo a una trasgressione da quarta elementare. Cattiveria e citazioni ci sono. Ma sono prive di scopo, mordente. Buttate lì col solo intento di essere scabrosi, anti politically-correct, senza provare a incastrarle intelligentemente in una storia convincente. La provocazione, invece, si instaura su un architrave morale-ideologico. Anzi, antimorale-nichilista, ma dannatamente superficiale.

Sausage Party – allegorie di cibi bigotti

In un supermercato, il cibo attende gioioso l’apertura, nella speranza di essere scelto dagli umani/dei. La meta è il Grande Oltre, dopo la porta scorrevole dell’uscita. Non sanno che gli umani da loro tanto adorati, in realtà li uccidono nelle maniere più atroci.

Frank è un wurstel (sausage – salsiccia – in inglese) innamorato di una bella panina dalle forme alla Monroe e dai richiami “vaginali”. Vengono scelti insieme da un’umana, ma, durante il tragitto fino alle casse, un incidente li sbalza fuori dal carrello. Per Frank è un duro colpo sapere di non poter andare nel Grande Oltre. Però, mentre insieme ad altri cibi cerca di raggiungere il suo bancale, si imbatte in un gruppo di alimenti che gli spiega la verità sugli umani e sul Grande Oltre. Ora dovrà trovare un modo per convincere tutti i cibi (dannatamente bigotti) che il loro sogno, il loro credo, è solo un’illusione.

Lettura allegorica della società umana, con l’uomo che è Dio tiranno e ingannatore, e i cibi gli esseri umani tiranneggiati dal sogno irreale di un aldilà inesistente. Giochi di regia tra la patina del mondo del cibo e il grigiume del mondo degli umani-dei, a sottolineare la disperata bassezza della realtà.

Sausage Party – oscenità, parolacce e poca intelligenza

Ideato da Seth Rogen Evan Goldberg (Cattivi vicini), il target è chiaramente ed esclusivamente adulto. Masturbazioni, sesso orale/gore tra lavanda vaginale e succo di frutta, splatter, violenza. Sessocentrismo poco velato. Più grossolano che irriverente. Rompe gli schemi della tradizione animata, e da un lato è salutare. Però, lo fa in modo troppo goffo. L’esasperato antiteismo nichilista, unito a una morale edonistica, non è sintomo di acume o ricerca approfondita, ma solo pura e semplice provocazione.

L’atmosfera può richiamare South Park Beavis and ButtHead. Ma, se sulla breve durata può funzionare, su un’ora e mezza crolla. Troppo continuo il succedersi di battute oscene. Non ha la forza immediata di un pugno allo stomaco: diventa solo una brutta indigestione. Animazione e rendering non sono minimamente al livello delle grandi case di produzione. C’era da aspettarselo, ma non è un punto a favore.

Per concludere…

Sausage party è un film che sputa in faccia alla Disney. Ma è uno sputo talmente grande che non ha obiettivo. Colpisce perbenismo e intelligenza indiscriminatamenteRogen, che tanto criticò American Sniper (film di una squisita sottigliezza tra condanna e apologia della guerra), si rivela, qui come allora, incapace di andare oltre la superficie. Oltre la semplice oscenità. Oltre l’ottuso schierarsi in una prospettiva monodimensionale.

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