Recensione – I sogni segreti di Walter Mitty

I sogni segreti di Walter Mitty (titolo originale: The Secret Life of Walter Mitty) è una commedia del 2013 della durata di  diretto ed interpretato da Ben Stiller con un cast formato da Adam Scott, Kathryn Hahn, Sean Penn,  Finise Avery, Joey Slotnick, Kristen Wiig, Shirley MacLaine, Patton Oswalt, Toshiko Onizawa. Distribuito in Italia dalla 20th Century Fox il giorno 

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A vedere il trailer di I sogni segreti di Walter Mitty, sembra di essere di fronte a un titolo come un altro: una commediola leggera sull’umano desiderio di trasformare i propri sogni in realtà La tematica l’abbiamo vista mille volte in mille film, perché questa forma di crescita del personaggio è fondamentalmente qualcosa di estremamente umano, e pertanto è frequentemente sul grande schermo, in varie fogge e in varie maniere, più o meno coinvolgenti.

I sogni segreti di Walter Mitty è una traduzione un po’ libera del titolo originale del film, The secret life of Walter Mitty. Nell’edizione italiana, purtroppo, questo è un primo gioco di parole che si perde, e con questo si smarrisce anche una dolcezza particolare che si percepisce già a partire dal trailer. Rivediamolo, prima di proseguire a parlare del film.

Walter Mitty (Ben Stiller) vive di sogni. Si “incanta”, vola con la fantasia e lo fa a occhi aperti, sospendendosi dal reale restando di fronte alle altre persone, che prendono in maniere diverse questo suo modo di vivere, di essere. È un uomo che appare come radicalmente mutato a causa della perdita di un familiare a cui era evidentemente molto legato: un adolescente con il taglio alla moicana e l’abitudine dello skateboard, che finisce a fare il cameriere in un fast-food, e lì perde la propria voglia di vivere attivamente, di farsi valere, di realizzare i propri sogni. Tiene un diario di viaggio, che rimane bianco anni e anni, perché non viaggia davvero. Sogna di farlo, sogna e basta. Ma rimane passivo anche alle angherie che subisce sul posto di lavoro. È un uomo trasparente.

Poi arriva lei, Cheryl (Kristen Wiig). Ha un sorriso che gli ruba l’anima un pezzetto alla volta, e lui sogna d’essere l’uomo della sua vita, quello che l’accompagnerà in incredibili avventure. Lui è un manager per la rivista Life, sì, ma il suo dipartimento ha sede in uno spazio buio, chiuso e solitario, e passa la giornata tra le foto che scorrono tra le pagine della rivista. I negativi di tutti più grandi fotografi sono passati per le sue mani, sono stati sviluppati e stampati da lui, prima di finire su una delle riviste più famose del mondo. Cheryl rischia il posto di lavoro, così come lui, quando la rivista viene acquisita da un nuovo gruppo e la transizione affidata a un manager (Adam Scott) senza scrupoli, coscienza o idea di che cosa sia Life, e cambierà radicalmente direzione editoriale alla rivista. È lì che Walter smette di sognare e decide di viverle, quelle avventure che sognava. Alla ricerca di quell’ultima foto che deve essere la copertina del numero di chiusura di Life, scattata dal fotografo Sean O’Connell (Sean Penn), Walter Mitty mette da parte le fantasie e si trova a vivere quelle avventure sulla propria pelle. Cambia, si evolve, da trasparente comincia a prendere colore.

Ben Stiller non è solo attore: è un regista che ha imparato molto e che porta sullo schermo giochi di fine arte cinematografica. Walter Mitty veste sempre uguale, è anonimo nei suoi pantaloni scuri, camicia bianca e giacca grigia (possiamo avere un assaggio di come sia nel film dando un occhio qui). Ma i colori del suo abbigliamento cambiano, prendono vita di rosso, blu e arancio, man mano che il suo personaggio si evolve. Non sono contrasti forti, sono giochi cromatici anni luce lontani dalle energie di altri stili e altri film (un esempio sopra tutti: Moulin Rouge di Baz Luhrmann), ma hanno l’aroma dell’evoluzione reale e naturale di un essere umano. Altra chicca decisamente gradevole è l’inserimento delle didascalie (dai titoli di testa allo slogan della rivista Life) all’interno del contesto ambientale, in forma di scritte sui muri o sull’asfalto: sanno di qualcosa di tangibile, e non “lanciato” sullo schermo in maniera fine a se stessa.

Il cast è di tutto rispetto: Ben Stiller la fa inevitabilmente da padrone (e chi non lo apprezza particolarmente può anche evitarsi il film, considerando che è lui il mattatore della scena), e i ruoli altrui rimangono in secondo piano; decisamente rilevante (e ottima) la pur breve presenza di Sean Penn, mentre le poche apparizioni di Shirley McLane, nei panni della madre di Walter, fanno rimpiangere che non abbia avuto qualche scena in più, per meglio introdurci anche al passato di Walter, per farci meglio comprendere come sia arrivato a essere l’uomo che incontriamo all’inizio della pellicola, quello che sogna dell’impossibile.

La pecca del film, probabilmente, è il desiderio di cercare di essere troppe cose insieme: una storia d’amore, un “giallo” d’indagine, un “road movie”, il tutto nel contenitore di una storia che presenta l’evoluzione di un singolo personaggio. Indubbiamente ambizioso, I sogni segreti di Walter Mitty corre il rischio di gravare un po’ troppo sullo spettatore, che arriva a chiedersi troppe volte «Ma si sta facendo un viaggio mentale, o sta vivendo davvero?»: il confine tra la realtà e la fantasia si svela forse un po’ troppo labile, sebbene solo al termine del film si arrivi alla conclusione e alla chiusura del cerchio. Almeno di questo cerchio.

Con l’uscita di questo remake (ricordiamo: I sogni segreti di Walter Mitty è un racconto di James Thurber, già andato sul grande schermo in due occasioni e con due interpretazioni e trame differenti), lontanissimo da lavori decisamente più leggeri, come Zoolander, il soddisfatto Ben Stiller corona in maniera ottima la chiusura del mese di Dicembre, che all’inizio (il 3 Dicembre, per l’esattezza) lo ha portato a lasciare il segno sulla Hollywood Boulevard di Los Angeles, assieme a tanti altri personaggi che hanno fatto la storia del grande schermo.

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