Recensione di 11 Donne a Parigi: la vera vita delle donne, tra follie, paure e risate

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11 Donne a Parigi sulla carta potrebbe essere il classico film della chick flick: film del genere di Sex & the City, I love Shopping, Ricatto d’Amore o 27 volte in bianco. Ossia film rivolti ad un pubblico femminile con personaggi ovviamente femminili. 11 Donne a Parigi però non è solo questo.

Il film colpisce sicuramente per il variegato cast femminile che comprende Isabelle Adjani, Laetitia Casta, Audrey Dana, Julie Ferrier, Vanessa Paradis, Audrey Fleurot, Géraldine Nakache, Marina Hands e Alice Taglioni. Ma non per questo è indirizzato esclusivamente ad un pubblico femminile. Non ci troviamo di fronte ad un film tutto lustrini, shopping e amore. La trama è semplice certo: undici donne a Parigi incrociano le proprie esistenze tra gag e follie. Ma c’è qualcosa di più, qualcosa che va oltre i Prada di Becky, i cosmopolitan di Carrie o la voglia di sposarsi e trovare l’uomo della vita. Queste donne rappresentano tutti gli aspetti della femminilità moderna: c’è la donna tradita, quella in carriera, la donna insicura, quella confusa e spaventata dalla vita esclusiva di moglie e madre, chi ha paura di invecchiare, chi non vuole essere solo l’amante e chi non riesce ad avere amiche. Le storie sono esagerate, paradossali e folli a volte. Lo scopo è anche far ridere. Una donna si godrà di certo il film perché non può non identificarsi con uno dei personaggi. Ma l’uomo? Le donne del film sono vitali, energiche, insicure e a volte folli: ma si cerca di dare un’immagine vera della donna. Non dovrebbero essere appunto gli uomini più interessati a capirle? Le attrici scelte per il film non sono top model (Laetitia Casta a parte, ma nel film è talmente inetta con gli uomini che fa dimenticare il suo bellissimo aspetto) sono donne senza artifici, trucchi o scarpe con 80 centimetri di tacco. Sono le donne che puoi incontrare per strada.

Nel film non vengono tralasciate le questioni che oggi tormentano di più le donne. Il personaggio di Vanessa Paradis ha dato tutto alla carriera, lavora in un ambiente di uomini e non riesce a stringere legami duraturi con altre donne. C’è poi Audrey Fleurot che non riesce davvero a raggiungere un orgasmo: per questo deve essere giudicata e sottostare alle pressioni? Isabelle Adjani non vuole ammettere che sta invecchiando. Laetitia Casta non sa come uscire con un uomo senza essere imbarazzante con i suoi comportamenti (è esagerata certo, ma chi non è un disastro alle cene romantiche?). Julie Ferrier è un’autista di autobus che cerca il sesso nel suo matrimonio. Marina Hands e Audrey Dana sono due facce della stessa medaglia: la donna tradita che perde la fiducia nel suo uomo, nel padre dei suoi figli mentre l’altra è l’amante, l’altra donna, la puttana che semplicemente cerca stabilità nei suoi rapporti. Sylvie Testud è una persona insicura, quasi paranoica e timorosa della sua stessa ombra: scopre di avere un cancro al seno e… ride. Una vita di paura non l’ha preparata, non l’ha protetta e quindi ride. L’unica storyline che lascia in parte perplessi è quella di Géraldine Nakache: è una madre e moglie infelice e insoddisfatta della sua vita che la rilega e “signora di” e mamma e cerca quindi un diversivo. Lo trova nell’amore per una babysitter, il suo repentino ritorno dal marito è semplificato e velocizzato alla fine della pellicola.

Audrey Dana (regista, sceneggiatrice e attrice del film) rende pienamente un’idea della donna di oggi attraverso le insicurezze, le perplessità, le paure e la forza delle donne stesse. Il film prende pieghe esilaranti ed esagerate, le paure a volte diventano psicosi e gli obbiettivi diventano manie ma questo realizza entrambi gli obbiettivi del film: fa divertire e rappresenta bene le donne, non semplici mogli, madri, amanti, puttane, figlie ma persone, a volte folli, a volte timide, spaventate, confuse, sexy, audaci ma sempre, sempre forti, vitali e padrone della propria vita.

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