Piccoli Brividi: recensione – Ragazzini di un tempo, è per voi!

Piccoli Brividi non ha niente di clamoroso o incredibile, è più o meno ciò che ci si aspetta da un film del genere. Un ragazzino, Zach Cooper, interpretato da Dylan Minnette, va a vivere con la madre in un sobborgo nella piccola e banale città di Madison, Delaware. Qui incontra un’altra ragazzina, la vicina di casa (Hannah interpretata da Odeya Rush) figlia di un uomo scorbutico che non vuole rapporti coi vicini. Scopriamo poi che l’uomo in questione, Jack Black, è R.L. Stine, l’autore dei libri “Piccoli Brividi”. E si scopre che le creature che ha inventato per i suoi romanzetti rischiano di liberarsi per il mondo e che solo lui, tramite speciali diari, con la figlia, ne è custode; i mostri scapperanno e lo scrittore, assieme ai due ragazzini e ad un amico di Zach, Champ (Ryan Lee) dovrà recuperarli e salvare il mondo.

Non è un film dell’orrore per ragazzini, anzi per bambini. Loro, i bambini, ora leggerebbero Piccoli Brividi, i ragazzini di oggi sono abituati a vite molto più movimentate di quanto lo eravamo noi alla loro età, noi ingenui e loro molto “più avanti”: che sia un vantaggio la loro attitudine alla vita o meno non è argomento ora da discutere. La particolarità del film sta forse in questa trama: non film di paura, come potevano in parte esserlo i libri e la serie tv, pieni di colpi di scena e suspense, ma è un film sul potere dell’immaginazione. Grazie ai libri e all’immaginazione di Stine i mostri prendono vita. Per i fan dei libri ci saranno piacevoli cammei, mostri di cui abbiamo letto nella lunghissima serie dello scrittore. Ricordate l’antagonista più inquietante dello scrittore? Se avete detto “Slappy, il pupazzo parlante” avete azzeccato il boss dei mostri nel film, colui che li guiderà nel tentativo di distruggere lo scrittore, colpevole di averli imprigionati, e di mettere a soqquadro il mondo: non poteva esserci boss più adatto, delle mille creature create da Stine è senza dubbio quello che riesce ancora, nonostante la fine dell’infanzia e delle ingenuità, a inquietarci.

Le interpretazioni del cast e la scelta stessa fatta dal regista Rob Letterman di scegliere questi attori è più che apprezzabile: Jack Black, che si ricorda per ruoli di uomo con la sindrome di Peter Pan, come in School of Rock o in Super Nacho, interpreta magistralmente un ruolo che non ci si aspetta. Stine è un personaggio più complesso del solito immaturo, è un uomo chiuso, che non ama socializzare, riservato, con un incredibile segreto. Black riesce a interpretare, in modo sempre molto divertente, un padre protettivo, un uomo pieno di insicurezze, un orso arcigno. Ryan Lee ha il ruolo di Champ, ragazzo poco popolare, un po’ strambo, classico ragazzino bullato a scuola, in maniera molto credibile e spassoso. Un plauso infine va a Dylan Minnette e Odeya Rush che intepretano Zach e Hannah: il loro rapporto amoroso è tenero, classico, ricorda l’ingenuità dei primi baci di un tempo.

Piccoli Brividi non è quindi un film denso di colpi di scena e troppo particolare ma è piacevole, divertente e si riesce a seguire fino alla fine con molta leggerezza. Per la generazione di persone nate dal 1985 al 1990 forse però sarà più piacevole che per gli altri: ricorda l’ingenuità con cui vivevamo prima dell’avvento di internet, la spensieratezza di una generazione che, a differenza dei ragazzi di oggi, non voleva crescere troppo in fretta. Questo aspetto è riscontrabile grazie alle citazioni dai libri di Piccoli Brividi, alla mancanza di vero e proprio Horror (non ci sono morti!) e alla rappresentazione tenera dell’amore adolescenziale di Zach e Hannah. Da vedere, non sarà il film che cambierà la vostra vita, ma un sorriso di certo ve lo strapperà. Non urla però, è l’immaginazione la protagonista, non vero orrore!

Il film è uscito negli USA il 16 ottobre mentre in Italia arriva dal 21 gennaio.

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