Orange Is The New Black: recensione stagione 4 – L’arte del binge watching

La serie Netflix Orange Is The New Black è arrivata alla quarta stagione: quattro anni possono non essere semplici (molte sono le serie che non arrivano alla seconda season), e la terza stagione aveva deluso molti: poca presenza di personaggi molto amati, poca verve.Tutto recuperato qui, in una delle più famose serie che Netflix ha ideato e prodotto. Chi sta scrivendo questo pezzo, d’altronde, ha fatto del binge watching di Orange Is The New Black una vera e propria arte notturna e da trasferimento in autobus, ed è un’esperta della serie e dei relativi rewatch.

Senza andare a fare spoiler, si può dire che la suspense non manca. non è qualcosa di vuoto che fa pensare che no, nemmeno stavolta è successo qualcosa, ma è un modo di fare che invoglia a guardare l’episodio successivo. La regia degli episodi è sempre valida, insiste con le giuste inquadrature e fa virare davvero sempre più la serie dal comedy al drama – perché il dramma comincia a prendere possesso di Litchfield, rendendo meno “favolistico”, a suo modo, il racconto, e molto più reale, con problemi che sanno tanto d’attualità. Azzeccatissime, sempre, le colonne sonore e i pezzi musicali a fine di ciascun episodio. Quello che resta particolarmente impresso è alla conclusione del primo: è lui che folgora e che pone l’attenzione una volta di più su questa tecnica di chiusura. Rimane impresso come quel Walking Backwards della prima stagione.

Parlando del cast: la qualità delle attrici non è mai stata messa in dubbio. Uzo Aduba ha anche più volte vinto premi e conquistato nomination, spiccando sopra alle proprie colleghe e chissà se anche quest’anno riuscirà nell’impresa. Personalmente qui si aspetta il riconoscimento a Kate Mulgrew, che non ha mai mancato di essere, con Red, una protagonista di tutte le stagioni.

!!! Attenzione: possibili spoiler !!!

E ora, concediamoci commenti più stretti a certi svolgimenti di trama. La suddetta prima puntata è un colpo di classe, una svolta psicologica per Alex e quegli avvenimenti si riflettono nell’arco dell’intera serie, fino agli ultimi episodi. Molti personaggi cambiano e si evolvono, crescono, si ritrovano. Se sulla presenza di Alex Vause fondamentalmente non c’erano dubbi, molti c’erano invece sul ritorno di Nicky Nichols. Il breve passaggio di Stella Carlin non ha fatto né caldo né freddo a nessuno. A volte ritornano ma sono psicologicamente persi (inevitabile pensare a Sophia Burset).

La serie – finalmente – mantiene sì Piper Chapman come personaggio protagonista ma si allarga a diventare davvero una serie corale e strutturata attorno alle vite di tutti quelli che sono coinvolti nel carcere di Litchfield. Il colpo di scena finale sa di violenza verbale che diventa fisica e attualità. Problemi di interazione tra enti di sicurezza e minoranze etniche, repressione carceraria, problema dei veterani di guerra che manifestano disagi una volta reinseriti nella società… Le tematiche vanno ben oltre le dinamiche di #Vauseman tanto care agli orangini.

!!! Fine possibili spoiler !!!

In definitiva? Da vedere, senza “se” e senza “ma”, perché questa season recupera tutta la verve persa nella scorsa. Da vedere su Netflix e Infinity.

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