Maze Runner – Il labirinto: Recensione

Arrivati a un punto quasi di non ritorno, dove l’originalità e le novità si contano davvero sul palmo di una mano, Maze Runner di Wes Ball cerca di insinuarsi in questo cunicolo oscuro e tortuoso chiamato innovazione. Tratto da due romanzi best-seller tra i più giovani, il film trasportato su schermo fa respirare fin dalle prime scene un’aria incredibilmente fresca. La stessa che respira il protagonista Thomas appena risvegliatosi in stato pietoso all’interno di un ascensore; la scena ha molti legami con Saw – l’Enigmista di James Wan dove ugualmente nell’incipit non vengono date informazioni aggiuntive allo spettatore se non le semplici condizioni ambientali del protagonista. Il film ha uno start incredibilmente veloce; si viene catapultati all’interno della storia senza nemmeno avere una minima introduzione, come se arrivassimo in sala a film già iniziato.

Oltre che alla tradizione thriller più Sawiana possibile, altri richiami di inizi così “sconvolgenti” arrivano da film come The Cube del 1997 di Vincenzo Natali, i cui protagonisti si ritrovano inspiegabilmente all’interno di un labirinto di cubi. Tornando al nostro titolo, non appena ripresosi dallo shock, Thomas viene informato di trovarsi in uno spazio chiamato “La Radura”, a sua volta contenuta in un enorme labirinto. In poche parole, i protagonisti di questa vicenda, tutti ragazzi e una sola ragazza, dovranno riuscire a oltrepassare questa misteriosa trappola al cui interno vi sono mostri spaventosi e mutazioni continue. Thomas è l’unico del gruppo che può riuscire a trovare la chiave per fuggire.

Il film, figlio di una tradizione il più possibile vicina a Resident Evil (si fanno chiari riferimenti a futuri post-apocalittici, virus in grado di annientare l’umanità e misteriose multinazionali senza scrupoli) e con chiari richiami alla mitologia classica greca (il mito di Teseo e Arianna con il mostro presente all’interno del labirinto apparentemente senza uscita) rappresenta una soluzione innovativa e rivoluzionaria. Non si può parlare di genere in maniera specifica per Maze Runner, poiché i temi affrontati sono molteplici, e il fatto di essere difficilmente collocabile lo rende un film ancora più interessante. Ottima appare fin da primi istanti la regia di Wes Ball, alla prima in un lungometraggio. Gli effetti speciali sono davvero sbalorditivi e il labirinto sembra a tratti toglierci il fiato, soprattutto nelle scene notturne. Il montaggio è buono anche se non presenta particolari novità: abbastanza lineare. La colonna sonora è ben diluita con la pellicola, da brividi la soundtrack del finale. Il tempo è ben gestito anche se vi sono momenti in cui non vediamo l’ora di correre anche noi in quel labirinto (in poche parole qualche dialogo in più si poteva evitare). Il finale compensa in maniera negativa le novità presenti in tutto il film, purtroppo esce fuori il cliché più classico del filone tradizionalmente post-apocalittico, ma ci può anche stare.

Nel complesso, la pellicola riesce a non perdersi nel labirinto dei cliché, non si cristallizza sotto forma di un singolo genere e riesce a tenere viva e vispa l’attenzione dello spettatore dalla prima all’ultima battuta. Finché il cinema sarà in grado di sfornare idee interessanti, riuscirà a mantenere salda l’aura di settima arte e Maze Runner ne è la conferma. Camaleontico.

Il film (QUI disponibile il trailer) arriverà nelle sale italiane l’8 ottobre e vede un cast composto da Dylan O’BrienWill PoulterThomas Brodie-Sangster e Kaya Scodelario. La 20th Century Fox, intanto, ne ha già annunciato un sequel previsto per il 2015.

Articolo di Emiliano Cecere

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