Se su un buon vocabolario cercate la parola “deludente”, esso vi riporterà la seguente definizione: tradire nelle aspettative e nelle speranze, suscitando un sentimento di sconforto ed amarezza. Se fossimo sarti potremmo cucire un vestito di mirabile fattura sul corpo cinematografico di Maleficent.
La storia non è come se la potrebbe aspettare un figlio in attesa della lettura da parte del padre, anzi, è distorta in maniera goffa e spuria. Non sarebbe un difetto il cambiamento dei fatti narrati se la stessa narrazione avesse un senso logico e sinuoso ma, il problema è che così non è. La conturbante bellezza di Angelina Jolie, vestita così bene da incutere un certo fascino allo spettatore middle-age, viene tristemente deviata dall’ampollosità e dalla sciocca ridondanza della pellicola. Potremmo dire che la storia cosi come la conosciamo scritta termina dopo 15 minuti e una manciata di fogli di copione, cadendo irrimediabilmente in una serie di scene piatte e a volte anche sciocche.
La trama narra di Malefica, una bella fata alata, che all’incontro con l’umano Stefano, viene conquistata dalle belle seppur effimere parole. La delusione amorosa che ne scaturirà dalla loro storia, soprattutto per l’avara cupidigia del futuro re degli uomini, avrà conseguenze sulla nascitura Aurora, figlia di Stefano. Da qui in poi si susseguono dei clamorosi inseguimenti, battaglie quasi sempre inutili o impari, stravolgimenti tramistici ai limiti della normalità (è Malefica stessa a risvegliare Aurora dal sonno di morte), un ruolo quanto mai da sparring partner del principe azzurro.
Disney insomma fallisce l’appuntamento col grande schermo? Pare proprio di sì. Il film a tratti è noioso a tratti senza senso logico, a cominciare dall’insensata scelta del 3D. Dov’è questa benedetta terza dimensione? Quasi viene da pensare ad una trovata di marketing per rimpinguare le casse della major a scapito del malcapitato spettatore. Non si può uccidere senza rispetto la tradizione favolistica scambiando ruoli e addirittura aggiungendo particolari insignificanti ai fini della storia, questo non pregiudica qualsiasi rilettura ma purché il risultato sia kantianamente parlando “percezione armonica di armoniose parti”. Film non adatto neanche al pubblico più piccolo poiché crea una visione distorta non solo della storia in sé, ma del male stesso; si potrebbe quasi parlare di un eccessivo fascino del male. Scadente sotto ogni punto di vista, davvero non vale il prezzo del biglietto.
Articolo di Emiliano Cecere