Lucy – Recensione in anteprima

L’evoluzione dell’essere umano è un tema trattato più e più volte in film e serie tv, soprattutto quando l’evoluzione non è naturale ma artificiale. Per dire due esempi che hanno fatto un po’ di storia sul gfrande e piccolo schermo, possiamo pensare al personaggio androide di Data in Star Trek: The Next Generation, e alle macchine della trilogia di Matrix. La sensazione che l’evoluzione umana sia in una fase di stallo e non si riesca ad andare oltre. È una sensazione di cui si può essere consapevoli… O no.

Non esserlo è sicuramente la condizione umana dell’intera popolazione mondiale. Anche di Richard, finito in chissà quale traffico internazionale, e di Lucy, che vorrebbe solamente avere una vita regolare, fatta di studi e lavoro. Distaccarsi da quest’uomo un po’ sopra le righe sembra essere l’unico modo… Non fosse che è proprio lui a condurla in quella che sarà l’avventura della sua vita. Lucy è bionda, con lineamenti dolci, curve invitanti (e come potrebbe essere diversamente, se è interpretata da Scarlett Johansson?)… E una cicatrice sull’addome, perché è stata appena usata per trasportare un carico di una nuova droga. Ma quel corpo e quel fascino attraggono uomini che userebbero anche violenza, pur di averla in quel trasporto. Un contenitore dentro di lei si rompe, e una quantità troppo ingente di stupefacente viene assorbita direttamente dal suo corpo, internamente. Si tratta di una sostanza sperimentale, che incrementa la sua capacità di sfruttare il potenziale del cervello umano. Nella sua lotta per bloccare la diffusione di una simile droga, Lucy scoprirà un mondo totalmente diverso da come poteva immaginarlo, rivoluzionando il concetto stesso di tempo e umanità.

Il progetto di Luc Besson, che torna al genere di fantascienza dopo Il Quinto Elemento, datato 1997, si rivela estremamente ambizioso. Forse un po’ troppo, peccando di una presunzione che non può essere giustificata solamente dalla presenza di Morgan Freeman nei panni del ricercatore, il professor Samuel Norman, in grado di comprendere che cosa stia accadendo al cervello di Lucy. Si perdono salti temporali, si perdono legami nella trama che vengono percepiti come qualcosa di lanciato casualmente all’interno della timeline (la presenza della famiglia di Lucy, le sue frequentazioni e amicizie) e poi completamente persi e dimenticati; almeno, la sensazione principale è questa.

ATTENZIONE: questa parte della recensione fa riferimento ad alcuni punti focus della trama del film. Qualora non desideriate conoscerli, andate oltre sino alla comunicazione di fine possibili anticipazioni.

Impossibile determinare se sia una dimenticanza oppure qualcosa di legato al voler rendere l’idea della crescente “non-umanità-emozionale” di Lucy man mano che la sua mente si evolve, ma la sensazione iniziale verte per la prima ipotesi. Nemmeno l’idea che possa riversare tutta la sua conoscienza ed evoluzione mentale all’interno di un nuovo supercomputer di prossima generazione creato grazie alle sue capacità diventate ormai potenzialmente infinite riesce a suonare originale e stupefacente.

FINE POSSIBILE SPOILER

Besson ha puntato molto su Lucy, ma la scommessa non viene né persa né vinta. Ha degli indubbi punti di forza negli effetti visivi, ma non bastano quelli a creare un intero film. La trama ha qualche buco, ma il personaggio di Lucy si evolve da ragazzina spaventata a qualcosa di superiore, oltre l’umano, che fondamentalmente fa riflettere. Lascia con l’amaro in bocca la sensazione che non sia stato sfruttato appieno un potenziale decisamente superiore.

Lucy rispecchia appieno la tematica del film: un grande potenziale di base che però non trova una evoluzione regolare. Un montaggio inizialmente sincopato rimane di difficile comprensione sino a un terzo del film, quando il legame con un parallelo verso il mondo animale si fa più chiaro. E qualche frase fa effetto: «Ignorance creates chaos, not knowledge».
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