Louisiana: Recensione del film documentario di Roberto Minervini

louisiana-recensioneGli Stati Uniti d’America: baluardo della libertà e delle opportunità. Basta però grattare un poco la superficie per svelare una realtà del tutto differente, composta di individui invisibili, ignorati dalla società e costretti ad andare avanti, giorno dopo giorno, con le loro sole forze. Negli ultimi 5 anni, pittore di questo lato oscuro dell’America si è distinto Roberto Minervini, documentarista marchigiano che ha vissuto in giro per il mondo, Stati Uniti compresi dove risiede tutt’ora con la moglie.

Dopo aver raccontato le vite di famiglie texane con la “Trilogia del Texas” (The Passage; Low Tide; Stop The Pounding Heart), Minervini si sposta nello Stato limitrofo con Louisiana (The Other Side), dove abitano alcuni parenti della famiglia protagonista dei suoi primi tre film. Il regista ci presenta così Mark e Lisa, due fidanzati tossicodipendenti che vivono alla giornata, guadagnando qualche soldo con piccoli lavoretti e alternando l’uso di droga a momenti familiari. L’approccio di Minervini è essenzialmente documentarista, svelandoci con mano quasi invisibile gli scorci più intimi dei personaggi, del quale il regista ci fa quasi percepire il respiro, incalzandoli continuamente con la macchina da presa, sprovvista di accessori. Il film non ripudia tuttavia l’aspetto più tipicamente fiction, rappresentando scene pensate in anticipo; gli attori sono però interpreti di loro stessi, protagonisti di situazioni facenti parte della loro vita reale e che sono dunque non tanto interpretate, quanto vissute di fronte all’obiettivo.

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Nel modo di girare, è chiaro che Minervini guardi a questi emarginati con occhio benevolo, e pur posizionandoli spesso in contesti eticamente discutibili, non sottrae loro l’umanità e il bisogno di rivalsa che li contraddistingue. Il regista non nasconde completamente la propria empatia per i reietti, la cui voce sembra non arrivare alle orecchie dei politici; forse proprio per questo, il regista non riesce a evitare il discorso politico, che si fa vivo più volte e continua ad aleggiare lungo il racconto. Parlare del disagio sociale dei personaggi non richiederebbe una virata politica, mentre l’autore mostra i personaggi intenti a puntare il dito contro Barack Obama e la sua amministrazione. Molto probabilmente, però, Minervini ha voluto contestualizzare i propri protagonisti in una situazione socio-politica ben precisa: rappresentare questa comunità nel suo sentirsi abbandonata dalle alte sfere del governo, rifuggendo il contesto politico, avrebbe falsato il ritratto di questi uomini e donne della Louisiana.

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Lasciata la famiglia di Mike e Lisa, l’occhio si sposta su un gruppo di paramilitari che, dotati di un vero e proprio arsenale, dedicano le loro giornate a lunghe esercitazioni per poter proteggere le proprie famiglie se la situazione nel Paese dovesse precipitare. Raffigurati al confine tra fanatici delle armi e uomini separatisi da uno Stato che non difende i loro diritti, questi nuovi personaggi fanno parte di uno dei volti più estremi degli Stati Uniti; la loro ideologia radicale che sfocia costantemente nel fanatismo rende più difficile l’empatia da parte del pubblico, soprattutto per alcune scene forti che poco hanno a che vedere con il loro sentimento di abbandono. Minervini è senza dubbio maggiormente sedotto dall’autodistruzione di Mike e Lisa, che riescono a trovare nell’intimità un piccolo rifugio; la banda di soldati (improvvisati e non) è invece ripresa con occhio più distaccato, spesso protagonista di gesti apparentemente dettati dal semplice desiderio di divertirsi e di sparare a qualcosa. Con loro non traspare un’autodistruzione, quanto la volontà di sfogare la loro frustrazione.

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Lo spaccato di Roberto Minervini è perciò senz’altro meritevole di attenzione per il suo voler mettere in mostra quell’America non sdolcinata, attraversata da una profonda frattura. Famiglie alla deriva, invisibili agli occhi di chi li circonda, come quel soldato mimetizzato nella prima immagine del film, vengono rappresentate con le loro debolezze, unendo abilmente fiction e documentario. Prendendosi anche la libertà di chiamare in causa il capo dello Stato, come a esortarlo ad agire, Minervini mostra quella faccia degli Stati Uniti che molti preferirebbero tenere nascosta. Dal punto di vista strettamente documentaristico, il regista non può infatti celare la compassione verso queste anime vaganti, così come non riesce a mantenere una visione ugualmente distaccata nella prima e nella seconda parte del film. L’intento di dar voce a queste persone risulta tuttavia riuscito e la conclusione in sospeso sembra voler essere un ulteriore monito affinché qualcuno si muova per non lasciare le cose così come sono.

Louisiana (The Other Side), diretto da Roberto Minervini, anche co-sceneggiatore assieme alla moglie Denise Ping Lee, uscirà in Italia il 28 maggio, distribuito da Lucky Red. Il cast comprende Mark Kelley, Lisa Allen e James Lee Miller.

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