Il viaggio di Arlo: Recensione del nuovo film Pixar

A due mesi di distanza dal brillante Inside Out, la Pixar torna a portarci nel suo mondo di magia con Il viaggio di Arlo, diretto da Peter Sohn.

La storia parte con uno dei più grandi “What if…” immaginabili: cosa sarebbe successo se il meteorite che ha teoricamente provocato l’estinzione dei dinosauri milioni di anni fa avesse mancato la Terra? Secondo la Pixar, i giganteschi rettili dominerebbero il pianeta, mentre gli umani vivrebbero ancora come selvaggi. Protagonisti del film sono proprio Arlo, giovane Apatosauro pauroso che vuole dimostrare di essere un figlio degno di suo padre, e Spot, bambino che incrocia il cammino del dinosauro quando quest’ultimo smarrisce la strada di casa.

Va detto che il viaggio di Arlo è stato piuttosto tumultuoso anche durante la produzione: la regia del film era stata inizialmente affidata a Bob Peterson, che ne aveva anche concepito l’idea di partenza, ma dopo alcuni mesi, il regista abbandonò il progetto e la storia venne riscritta stavolta con Peter Sohn a dirigere. Questo inconveniente in corsa ha sicuramente minato il risultato finale del titolo, la cui premessa trova poco senso all’interno della nuova storia, in cui il capovolgimento dei ruoli, con gli uomini ancora regrediti, per quanto interessante appare evidentemente perfetta per un’altra idea, che il team di Sohn ha ereditato e reinventato.

Detto questo, Il viaggio di Arlo riesce comunque a rivelarsi un film solido, capace di prendere una storia semplice e per alcuni versi già sentita, donandole però un respiro che permette al film di non risultare datato. Fondamentale è la parte della Natura, che rappresenta non solo il mondo nuovo che Arlo si appresta a esplorare, bensì costituisce anche il vero e proprio ostacolo del racconto, piena di pericoli da superare per il protagonista. In questo senso, ottimo è il lavoro del team, che dà vita a scenari suggestivi grazie a una veste grafica imponente; tanti i dettagli naturali e i campi lunghi che ci fanno godere dei panorami incontaminati, alternando momenti di pura estasi visiva ad altri di tensione, accentuando la paura di Arlo.

All’interno di questa ambientazione, si muove una storia composta di valori tradizionali, come la famiglia e l’amicizia. Il sentirsi esclusi dal proprio nucleo familiare e la nascita di un rapporto fra due personaggi apparentemente opposti sono topoi che appaiono più volte nel cinema d’animazione e non; Sohn fa un buon lavoro concedendo alla storia i toni giusti, alternando con il giusto passo momenti di azione e divertimento ad altri di puro coinvolgimento emotivo, prendendosi tutto il tempo necessario per raccontare la scena senza temere di annoiare lo spettatore. La parabola di crescita procede dunque abbastanza spedita, presentandoci personaggi simpatici e altri crudeli, volendo raccontarci un viaggio di formazione senza però cadere mai troppo nel fare la morale. Forse, in alcuni momenti, si sarebbe potuto osare di più e ridurre i dialoghi; in realtà, grazie alla sua semplicità, sarebbe immaginabile anche la stessa storia muta, raccontabile con altrettanta grazie attraverso i gesti e le espressioni dei personaggi. Nonostante ciò, il lavoro di doppiaggio italiano colpisce il segno, conferendo a tutti il tono giusto e donando soprattutto ad Arlo una voce perfetta per un dinosauro che acquista progressivamente sicurezza in se stesso.

Cuore dell’avventura è naturalmente il rapporto fra Arlo e il piccolo Spot; una relazione fondata soprattutto su gesti e sguardi, per via del mutismo del bambino, che facilmente conquisterà il cuore del pubblico. Due esseri così diversi che proprio attraverso la loro complementarità trovano il loro posto all’interno del mondo, perché avere una persona che si ama è sicuramente una delle ragioni migliori per cui superare le proprie paure. Tra una risata e una lacrima, Il viaggio di Arlo si prende anche il tempo di ideare splendide scene come la rappresentazione della famiglia proposta da Arlo rivolto a Spot, l’attacco degli pterodattili attraverso le nuvole e il raduno di una mandria di bufali al tramonto; sequenze che aiutano Il viaggio di Arlo a districarsi dalla rete di déjà vu che i motivi della storia potrebbero suscitare negli spettatori più grandi.

Il viaggio di Arlo è dunque un altro passo positivo per la Pixar, sebbene guardi molto ai racconti semplici cui ci aveva abituati l’animazione dei decenni passati. Il film manca certamente della brillantezza propria del recente Inside Out e la causa di tutto ciò risiede con pochi dubbi nella riscrittura in corsa della storia, la cui premessa originale non appare altrettanto sensata per il racconto sviluppato dalla squadra di Peter Sohn; un gradino che per molti potrebbe risultare troppo difficile da superare, proprio perché costituisce le fondamenta del mondo rappresentato e non ci si può non chiedere se l’idea originale di Peterson sarebbe risultata molto più integrata nell’insieme. Sebbene dunque il cambio di rotta si senta, Sohn corre comunque bene ai ripari, regalando al pubblico un’avventura che seppur modesta alla base, risplende grazie ad alcune stupende intuizioni visive e alla messa in scena senza troppi fronzoli, che fra scenari grandiosi e un cambio di registro che non lascia mai arenata la narrazione, rende questo nuovo film Pixar un titolo che potrà comunque scaldarvi il cuore.

Il viaggio di Arlo (QUI il trailer), diretto da Peter Sohn, esce in Italia il 25 novembre. Nella versione italiana, la colonna sonora include “La nostra vita è oggi” di Lorenzo Fragola.

SANJAY’S SUPER TEAM

Immancabile per la Pixar, il corto che introduce il lungometraggio. Diretto da Sanjay Patel, Sanjay’s Super Team prende spunto dall’infanzia del regista e vede il piccolo Sanjay vivere in conflitto fra le tradizioni hindu impostegli dal padre e il mondo moderno incarnato dalla TV e dei supereroi di cui il bambino è appassionato. Il corto vive di colori e suoni, filtrando la religione attraverso gli occhi sognanti di un bambino, che finisce per fare delle divinità indiane i propri supereroi. Molto action rispetto ai soliti corti cui la Pixar ci ha abituati, differenza riscontrata anche nello stile visivo, Sanjay’s Super Team intrattiene, ma il combattimento centrale da supereroi è solo un pretesto che permette l’incontro fra i due mondi in apparenza inconciliabili del padre e del figlio, anticipando perfettamente l’imprevedibile amicizia di Arlo e Spot nel lungometraggio.

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