Eccoci con la recensione del secondo film italiano presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia; si parla di Hungry Hearts, di Saverio Costanzo, con interpreti Adam Driver e Alba Rohrwacher.
Il bambino indaco di Marco Franzoso (anche se il film non ha alcun tipo di rapporto con esso), la storia inizia tutta in un bagno, quando per errore Mina (Alba Rohrwacher) entra in quello sbagliato e vi rimane intrappolata con Jude (Adam Driver), che si è appena sentito male.
Da qui capiamo che nascerà una storia d’amore; dalla convivenza, al matrimonio e alla maternità, dovuto a dei non indifferenti salti temporali.
Il vegano e la maternità fanno parte di tutto il film; la volontà di Adam di crescere suo figlio con prodotti adeguati, in modo che possa crescere come gli altri bambini, non morire di fame e di poter essere medicamente controllato, contro la volontà, invece, di sua moglie, ovvero far votare anche suo figlio al vegano, dandogli prodotti che lo purificano, ma non gli danno gli apporti necessari alla sua crescita.
Il tutto sfocia nella tragedia, tra battaglie legali e il povero bambino sballottato ovunque: dei cuori arrabbiati, che si continuano, nonostante tutto, ad amare.
Un bel rischio, Saverio Costanzo, se lo è preso; un coproduzione americana, gli ha permesso di girare il film in America, in quanto, secondo il suo parere, in Italia un racconto così “vegano” cozzerebbe molto con la nostra arte culinaria, rinomata in tutto il mondo. L’America gli sembrava il solo luogo possibile per rendere veritiera la vicenda.
Costanzo, pone la questione in primo piano, facendo notare di come da una parte una madre voglia prendersi cura di suo figlio, e far si che sia pronto il più possibile a un mondo ostile, e dall’altra, di come il padre tenti di fare il contario, dandogli da mangiare di nascosto prodotti che Mina non approverebbe, perché tanto prima o poi la luce del sole e il mondo esterno lo dovrà conoscere.
Quello che non è molto chiaro è la questione di voler porre dei salti temporali tanto estesi; lo spettatore potrebbe trovarsi nella condizione di chiedersi come Jude, quando ha voluto sposare Mina, non sapesse di essere vegano-dipendente e cosi ossessiva.
Per l’impronta registica invece, chapeau; ottimo l’utilizzo, per la maggior parte delle inquadrature, del grandangolo, specie nella parte finale del film, a precludere la tragedia.
Grande l’interpretazione di Adam Driver, che da Girls ha fatto un salto di qualità, mentre piuttosto insipida la Rochrwacher; non si capisce che l’inglese da lei maccheronicamente parlato sia voluto appositamente o no (la pellicola, infatti, è recitata interamente in inglese).
Rimane, in ogni caso, una pellicola interessante da scoprire, sia per la recitazione di Driver che per gli argomenti in essa trattati; da quella che può sembrare un film romantico, al dramma.
(Da non confondere con il film omonimo del 1922).
Hungry Hearts rappresenterà l’Italia anche al Toronto Film Festival.
Valutazione complessiva: 3 su 5!
Articolo di Mara Siviero