Da che utopia, ora sempre più ci avviciniamo, con le nostre scoperte scientifiche, con la nostra evoluzione, alla creazione di una nuova versione di mondo, dove la presenza di macchine intelligenti diventa routine dividendo spazi e quotidianità con l’essere umano.
Neill Blomkamp, regista e sceneggiatore di Humandroid (Chappie, in originale), descrive un mondo che, per quanto futuristico, non è molto remoto dal nostro, ed è proprio questo che rende così reale, quasi spaventoso, il film, e che dà allo spettatore la possibilità di proiettarsi più facilmente nella storia. Una scelta sicuramente azzeccata da parte del regista di Johannesburg, che ancora una volta, come in District 9, decide di ambientare la storia nella sua Sud Africa. Sotto l’ottima regia di Blomkamp hanno preso parte al progetto: Hugh Jackman (Vincent Moore), Sigourney Weaver (Michelle Bradley), Dev Patel (Deon Wilson), Jose Pablo Cantillo (Yankie), Yolandi Visser (Yolandi) e Watkin Tudor Jones (Ninja).
In questa realtà, i robot prodotti da una grande azienda vengono impiegati nella polizia per aiutare a mantenere l’ordine e combattere la criminalità. Ma Deon, l’ideatore di questa moderna tecnologia, sogna qualcosa di più di una passiva intelligenza artificiale: il suo obiettivo è quello di riuscire a creare una macchina con una coscienza, che possa provare emozioni ed essere, nella sua artificialità, “umana”. Seppur grande è l’entusiasmo creatosi intorno a questi moderni Robocop, c’è però, all’interno dell’azienda stessa, una minoranza, rappresentata dall’ex-militare Vincent Moore, che punta alla realizzazione di una tecnologia di polizia estremamente violenta ed oggettivamente eccessiva, e che sia sempre sotto il controllo della mente umana. L’obiettivo di Deon è arduo da raggiungere, eppure ci riesce, creando un software capace di dare ai suoi umanoidi una coscienza, ma prima di testarlo su un vecchio robot malridotto, Deon viene rapito da un gruppo di criminali convinti che lui sia la chiave per poter spegnere i poliziotti robotici. La banda, capendo che non è possibile disattivare i poliziotti e trovando il lavoro di Deon, cambia le carte in tavola e chiedono a quest’ultimo di usare il suo progetto per costruire un umanoide-gangster. Non avendo scelta, Deon accetta, ma con la promessa di educarlo. L’esperimento funziona e ne viene fuori Chappie, una sorta di “bimbo d’acciaio” che si troverà a dover comprendere tramite i suoi sentimenti e la sua coscienza il bene e il male; alla fine sarà la sua semplicità a trasformare il modo di vedere di chi gli sta intorno.
La pellicola si dimostra facile da seguire, rapida e alle volte anche comica, mantenendo un ottimo equilibrio fra momenti di azione e pausa; riesce a tenere sempre accesa l’attenzione dello spettatore, creando una climax ascendente e coinvolgendo chi guarda nell’evoluzione, non solo di Chappie, ma di tutti i personaggi del film; gli stessi gangster, dal presentarsi come piatte caricature, alle volte goffe, di criminali, evolvono diventando personaggi a tutto tondo e figure genitoriali nei ruoli di “Mami” e “Papi”. Sicuramente ottima è la performance di tutto il cast, ma in particolare di Hugh Jackman, che riesce a farsi odiare dal primo momento, incarnando perfettamente cinismo e aggressività, quasi toccando la malvagità, così da diventare la perfetta antitesi dell’ingenuità e della purezza espressa da Chappie, il quale si dimostra più umano dell’uomo stesso.
Temi della coscienza robotica, già affrontati in passato, ma che qui ci lasciano con una nuovo punto di vista da non sottovalutare. Il quadro tipico descritto è sempre stato quello di vedere le macchine come fredde e calcolatrici, e l’uomo come il suo naturale antagonista, ma se fosse il contrario? E se proprio quell’umanità, quella coscienza che il più delle volte si perde, fosse all’interno di un umanoide? Nulla dovrebbe essere dato per scontato, così come la forza dei sentimenti, che può sfondare ogni tipo di barriera fino ad elevarsi all’eternità.
Humandroid, diretto da Neill Blomkamp, uscirà nelle sale italiane il 9 aprile.