High-Rise – Il condominio: Recensione – Quaranta piani di realtà distopica

Per scrivere la recensione in anteprima di High-Rise – Il condominio è necessario mettersi le cuffie e ascoltarsi la colonna sonora. A partire da splendide cover di pezzi degli ABBA (uno su tutti, SOS a opera dei Portishead) si può rientrare nell’atmosfera del film con Tom Hiddleston, Jeremy Irons e Luke Evans.

Il grattacielo è un obiettivo, sembra il sogno di poter raggiungere un luogo semplice in cui avere tutti i servizi: la piscina al piano terra, il supermercato al quindicesimo piano, un campo da golf e uno da squash da qualche altra parte… Quasi tutto si può racchiudere all’interno del condominio, a volte persino il lavoro. Così, tutto è lì. L’intera realtà è lì. Ma quando questa vacilla, a fronte di problemi tecnici e strutturali, allora vacilla anche la pseudo-integrità morale degli abitanti. Già appare evidente dalle prime sequenze che sia un mondo viziato e vizioso, quello in cui si muovono i personaggi, ambiziosi fin troppo e fondamentalmente classisti. La distruzione di tutto quel finto ordine è inevitabile, così come la violenza in tutte le sue possibili forme.

High-Rise è un buon film, complessivamente scorrevole e con una gran recitazione. Ai tre uomini sopracitati si aggiunge una bella interpretazione di Sienna Miller, a suo modo tiranneggiante e poi tiranneggiata. La colonna sonora dà i brividi, con quei riarrangiamenti ai limiti dell’assurdo (provate a sentire qualcosa che sa di discomusic, rivisitato in formato musica classica e d’orchestra), e accompagna verso scene paradossali e violente. L’idea è più che buona, e probabilmente per completare la visione del film occorrerebbe leggere il libro di  J. G. Ballard, datato 1975, per localizzare anche i look e molti modi di fare. Tuttavia, dopo un primo impatto molto buono, bastano pochi passi per allontanarsi dalla sala per avere in mente due film: Snowpiercer e Dredd (2012). Certo, entrambi sono posteriori all’opera cartacea da cui è tratto High-Rise, ma il concetto di lotta di classe, divisa in settori architettonici, della lotta per la scalata e il potere che sta agli ultimi piani dell’edificio, è già esistente in quei film – e per molte immagini, la mente è lì richiamata. Il libro potrebbe rispondere anche a molte domande che vengono lasciate in sospeso. Troppi gli elementi che vengono accennati e che non trovano, nell’apparente cerchio di svolgimento e conclusione dei fatti, una reale chiusura: cosa significa quel che è accaduto alla sorella di Laing? Capito il legame tra Charlotte Melville e Anthony Royal, quale è il suo scopo ai fini della storia? Perché gli abitanti, vista come era la situazione e visto che non erano bloccati all’interno dell’edificio, non l’hanno abbandonato, preferendo nutrirsi a stento in attesa di chissà cosa?

Il cast principale tiene in piedi un film, dalle grandi promesse ma dalla sostanza che si rivela un po’ esigua, a pensarci un po’ su.

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