Hercules: la leggenda ha inizio – Recensione

Avete guardato Il Gladiatore, avete amato il pathos di Russel Crowe. Avete guardato 300, avete amato il montaggio e gli slow motion ad alta definizione di Zack Snyder. Avete anche seguito la serie televisiva Spartcus, avete visto quanto era affine a 300 per certi versi, e avete visto come sono gestiti i combattimenti dei gladiatori.

Bene, allora un film come Hercules: la leggenda ha inizio, è comodamente evitabile.

Certo, non ci si aspettava di sicuro qualcosa che fosse particolarmente fedele alla mitologia classica (il trailer non ce lo aveva di certo lasciato supporre), ma Era che da la sua benedizione ad Alcmena affinché Zeus la seduca per permettere la nascita di Hercules (Kellan Lutz), forse è un po’ troppo. Partendo con questa premessa di trama, lo spettatore si irrigidisce sulla poltrona, e resta a osservare il film. Con sguardo estremamente perplesso. In una sala quasi piena, in un’anteprima di un film di questo genere, il pubblico è solito reagire: un sospiro, un fischio, un commento hot sul protagonista maschile o femminile. In sala vige il silenzio assoluto, qualche brontolio di disappunto quando si cominciano a notare effetti speciali decisamente di second’ordine (il primo: la sagoma di Hercules / Alcide che si tuffa da una cascata, e sembra così incredibilmente simile a una sagoma preritagliata in qualche software di videoediting trascinata a mouse lungo la linea d’acqua) per quello che ci si può aspettare da una produzione che dovrebbe essere di buon livello qualitativo almeno da quel punto di vista.

Senza infamia e senza lode, seguire le avventure di questo Hercules / Alcide sembra più che altro un inno a Lutz e alla sua massiccia fisicità. L’affiancamento con Liam McIntyre (interprete del personaggio principale in Spartacus, dopo la prematura scomparsa di Andy Whithfield, e già all’epoca qualcuno lo definì espressivo come un lavabo Richard Ginori) non migliora di certo l’andamento della storia, né quello recitativo. Alcide sfodera una parlantina degna di Massimo (Decimo Meridio, e qualcuno lo brontola anche in sala) dopo aver combattuto prima sul campo (i mantelli che volteggiano intorno ai protagonisti sembrano troppo quelli di Leonida e dei suoi fidati 300) e poi nelle fosse e nelle arene, in compagnia di Sotero (proprio McIntyre) per liberarsi dalla schiavitù dell’essere stati venduti come servi combattenti (povero McIntyre).

È nelle arene che sembra che Renny Harlyn (dietro alla macchina da presa anche per L’Esorcista – La genesi) giochi a fare Steven S. DeKnight (l’ideatore della serie televisiva Spartacus) al punto da far combattere Hercules esattamente con lo stesso stile del gladiatore trace della serie televisiva. Due spade, nessuno scudo, simile non-armatura e stessa agilità. Qualcuno si chiede anche come mai il buon Hercules, in un combattimento all’ultimo sangue, abbia ucciso cinque lottatori uomini e abbia solo immobilizzato la donna.

Il film era stato progettato per essere un 3D, e si vede. Si vede fondamentalmente quando il finalmente consapevole Alcide si abbandona all’idea di essere Hercules, il figlio di Zeuss e strappa le catene, con annessi massi di colonna che lo tenevano bloccato. Il risultato sullo schermo con proiezione bidimensionale, tuttavia, è un movimento finto, gommoso, e parecchio fastidioso a vedersi.

Uno sprazzo di labile soddisfazione a chi ha vissuto gli anni ’80 è dato da Hercules che solleva la spada, che viene avvolta da un fulmine di Zeus (stile He-Man) per renderla niente meno che… Una frusta elettrificata simile a quelle di Whiplash in Iron Man 2.

La ciliegina sulla torta non è tanto la sopravvivenza di qualcuna che, per come stavano andando le cose, si supponeva defunta (anche nella speranza di dare un minimo di senso alle profezie lanciate un po’ casualmente all’interno della trama), quanto una parabola lunare che appare come un ritaglio della Luna, mal ritagliato, con un bluastro alone attorno, statico e mal integrato con lo sfondo,  incollato su un filo trasparente e trascinato su un cielo stellato fondamentalmente di altra tonalità rispetto all’alone intorno alla Luna.

Fine della proiezione, luci accese. Un effetto, questa volta, piuttosto realistico e coinvolgente.

Ricetta per creare Hercules: un pizzico di “Questa è SPARTA!” con una spolverata di “Tonight we’ll dine in hell!”, seltz e “Io sono Massimo Decimo Meridio” in un bicchiere long drink dal design dall’espressivissimo lavabo che è McIntyre con una ciliegina al Maraschino (scaduto) Lutz. Aggiungere salsa Spartacus a piacere, shakerare, e servire con cubetti di qualche imbarazzante effetto speciale di catene fintissime in computer grafica e una parabola lunare da cartoncino su sfondo stellato. Guarnire con ombrellino di He-Man.
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