Frank – Recensione

VOTO MISTER MOVIE: [star rating=4]

Arriva nelle nostre sale il 30 ottobre ma ha già fatto ridere e commuovere molti Paesi: è Frank, geniale e brillante commedia di Lenny Abrahamson sul complesso e non sempre lineare rapporto fra arte, ambizione, successo, talento e salute mentale.

Frank, in concorso al Sundance Film Festival 2014,  è ispirato alla figura del musicista britannico Chris Sievey –  il cui alter ego comico si chiamava Frank Sidebottom –  e  a quella del suo tastierista (nonché sceneggiatore del film) Jon Ronson.

Jon (Domhnall Gleeson Harry Potter e i doni della morte) è un giovane aspirante musicista, completamente privo di talento. Passa le sue giornate cercando ispirazione in tutto ciò che vede, cercando goffamente di tradurre in musica e parole ogni scorcio di vita quotidiana. La sua vita ed il suo lavoro gli vanno stretti, la sua graziosa casetta è una “piccola scatola” da cui fuggire e l’ambizione è talmente forte da annebbiare completamente l’obiettività del ragazzo circa le sue reali possibilità.

Frank (Michael Fassbender300, Bastardi senza gloria, Shame) è un musicista vero, o almeno così sembra; non si limita, come Jon, a cercare ispirazione in qualunque cosa: lui la trova.

Ogni suono della natura val la pena di essere campionato e persino  l’apparentemente insignificante fibra di un tappeto può diventare il soggetto di una nuova canzone.

Non è certo questa, però , la sua unica e più evidente peculiarità: Frank indossa permanentemente un’enorme testa di cartapesta con le fattezze di un cartone animato e nemmeno gli svitati della band con la quale suona (gli impronunciabili Soronprfbs)  hanno mai avuto il privilegio di vedere il suo volto.

Gli universi dei due personaggi si incontrano quando il tastierista della band della quale  Frank è il leader finisce all’ospedale dopo che, a seguito di un animato diverbio con gli altri componenti, tenta di annegarsi in mare. Jon si trova lì per caso e, dopo essersi proposto, entra a far parte del gruppo, convinto di aver trovato la sua grande occasione. La realtà che si para davanti agli occhi del ragazzo, tuttavia, non è esattamente quella sperata: tutti o quasi gli altri musicisti hanno seri problemi psichiatrici e raramente riescono a portare a termine una sessione senza finire a botte.

Il processo irreversibile si innesca quando Jon, ormai completamente affascinato dalla figura enigmatica di Frank e deciso a carpirne i segreti e la reale identità,  decide di partire con gli Soronprfbs per un viaggio che si rivelerà essere  a tempo indeterminato: qui lo sprovveduto ragazzo si ritroverà a fare i conti, oltre che con uno stile musicale non esattamente orecchiabile, con dinamiche interpersonali complesse e nelle quali forse non conveniva intromettersi. Jon vorrebbe far valere la sua visione più equilibrata del mondo  e della musica, mentre la band persegue lo scopo di spingersi verso un catartico “limite estremo”.

Le cose precipiteranno quando Jon, accecato dai propri obiettivi e poco cosciente dei limiti oggettivi nel perseguirli, cercherà di portare Frank e la sua sballata e introversa band verso la notorietà ed il successo.

Il film ci offre, oltre numerosi momenti di vero e proprio umorismo, altrettanti spunti di riflessone: Frank attrae per la sua “stranezza” ma se l’essere particolari e un po’ sopra le righe è un marchio distintivo di molti artisti di successo, la regola non può essere applicata al contrario: essere strani  non significa automaticamente avere talento e, per quanto Jon si affanni a cercare di “soffrire”per trovare l’ispirazione, dovrà scontrarsi con la realtà delle cose: spesso la sofferenza è un freno per chi la creatività la possiede davvero.

Altro messaggio: lo scopo dell’arte non è necessariamente il successo ed il successo non è solo una somma di  numeri: questo è ciò che, nell’era di internet,  la facile visibilità ottenibile attraverso  i social network ci fa credere, con il risultato di distruggere sogni o creare illusioni.

Frank, tuttavia,  è davvero speciale – di questo è facile convincersene durante il film –  ma non per la testa finta o gli incomprensibili testi delle sue canzoni: è la sua grande sensibilità e difficoltà ad esprimere ed incanalare l’amore e le emozioni a rendere lui e la sua arte degni di essere espressi.

Forse il personaggio avrebbe potuto svilupparsi un po’ di più per farci apprezzare meglio il suo mondo interiore, al di là dell’identità misteriosa,  invece il protagonista assoluto resta Jon e la lezione di vita che l’esperienza con Frank gli ha permesso di imparare. Il film  resta, tuttavia, assolutamente da vedere, fosse solo  per la capacità, all’interno di una storia così complessa ed insolita, di lasciare gli spettatori con il cuore pieno della stessa tenerezza che solo grandi icone del cinema come Forrest Gump sono state in grado di suscitare.

Articolo di Virginia Campione

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