Festival Roma: Last Summer, recensione

VOTO MISTER MOVIE: [star rating=”4″]

Uno dei film “di nicchia” della nona edizione del Festival internazionale del cinema di Roma, Last Summer, si rivela davvero una splendida sorpresa. Un film interamente girato su una barca che ricorda il senza dubbio più commerciale Vita di Pì anche se qui non abbiamo la presenza di animali. Permangono però come nel film di Ang Lee i rapporti tortuosi e difficili verso il prossimo. L’ambientazione è caratteristica, tipica di un film che vuole essere fuori dal tempo e dagli schemi quotidiani, collocandosi in una dimensione atemporale e sublime. L’intero film è un viaggio all’interno dei problemi di una madre con suo figlio, di fatto gli unici protagonisti della vicenda. Una giovane donna giapponese deve trovare il modo di comunicare al figlio di sei anni il suo triste addio vista la perdita della custodia che gli è stata inferta dal tribunale. Sullo sfondo del ricchissimo yacht di famiglia (in particolare dell’ex marito) si svolge la vicenda alternando momenti di stallo a momenti di durezza e crudeltà familiare. Sta al buon cuore della donna tentare di riappropriarsi della fiducia del piccolo, prima dell’ormai certa separazione. Il regista, bravo a dirigere un cast giovane ma non acerbo, vuole intavolare una considerazione intelligente: è possibile costruire un rapporto sull’orlo della fine di questo? Si può affermare ciò che è stato negato a priori?

Domande così pesanti e angoscianti pervadono la mente dello spettatore all’accensione delle luci di servizio. I riferimenti letterari ai best-sellers di Banana Yoshimoto sono abbastanza chiari ma è difficile addentrarsi in un microcosmo particolarmente angusto fatto di problemi personali e familiari. Una madre deve vincere il passato  per recuperare ciò che il futuro le ha già rimosso, in tutto questo il ticchettio assordate di un gelido orologio sta per sancire la sua sconfitta da genitore. Ed è questa terribile caccia contro il tempo che ha portato il regista ad ambientare il film in un non-luogo, in modo che ogni spettatore potesse essere libero da pregiudizi dettati dalla locazione. La città mondo simboleggiata dallo yacht non desiste però dal sottolinearci etnie, razze e ceti sociali differenti, un piccolo barlume dal mondo esterno in poche parole.

Last Summer è una bellissima cornice pittorica che adorna una splendida fotografia che sviscera nel profondo i problemi più intrinsechi della società moderna e che si colloca tra i film-rivelazione del Festival internazionale del cinema di Roma, davvero una bella prova. Promosso.

Articolo di Emiliano Cecere

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