Doctor Strange – lo possiamo dire – è uno dei migliori cinecomics Marvel. Sceneggiato e diretto da un regista, Scott Derrickson, temprato dall’horror (Sinister, The Exorcism of Emily Rose), riesce a scansare le risate facilone, le scene d’azione soporifere e i dialoghi gigioneggianti a cui la Marvel ci ha ormai assuefatto. Usa gli effetti speciali nel modo giusto. Non (solo) per la spettacolarità. Ma, anche e soprattutto, per stupire. Certo, storia e personaggio lo aiutano. Ma l’atmosfera visiva che riesce a creare è più che azzeccata. Tra Inception e Batman Begins, l’occhio strizzato a Nolan è sempre presente.
Doctor Strange – “misticismo” con brio
Stephen Strange (Benedict Cumberbatch) è un chirurgo di fama mondiale. Il migliore. Pieno di sé, arrogante, non riesce a scrollarsi di dosso il suo ego nemmeno con la bella Christine (Rachel McAdams). Ma, mentre sfreccia con la sua auto lungo strade di montagna, un incidente lo porta a perdere quasi completamente l’uso delle mani. Non scinde la perdita del lavoro con quella dell’io, e si ritrova a sperimentare qualunque cura. Fino a che, quasi sperando in un miracolo, si avventura in un viaggio nel Nepal. Qui, scopre una sorta di setta al cui vertice vi è una donna misteriosa, l’Antico (Tilda Swinton). Piano, piano, comincerà un addestramento che lo porterà a dubitare della realtà che conosce, del suo sguardo scientifico sul mondo, e dello stesso egocentrismo che l’aveva forgiato. E, inevitabilmente, a scoprire il Male che si cela dietro il mondo svelato.
Doctor Strange prova ad unire (senza alcuna pretesa di vera spiritualità) la tamarraggine Marvel con uno spirito pseudo-orientaleggiante. Lo fa in modo spensierato, giocoso. La possibilità di plasmare la realtà e le sue regole dà libero sfogo alla fantasia del regista. Frammentazioni del mondo reale, scenari surreali, allucinogeni. New York trasformata in un folle disegno di Escher. Cumberbatch entra bene nel personaggio. Lo plasma con cura e gli dà un’evoluzione convincente. Tra Tony Stark e Batman, Strange è gallo refrattario alle regole ma che compie un percorso di lotta contro la paura di scomparire (o non apparire).
Le battutine strapparisata non mancano, ma sono relegate al ruolo di marchio di fabbrica passeggero, contentino per gli aficionados. Per fortuna, non si impernia trama e attenzione su di esse. Il film non è serio, ma incentrato su un unico obiettivo: raccontare una storia. E lo fa bene, senza perdere fili o lasciare incomprensioni o buchi di trama grossolani. Con personaggi ben delineati. Con la voglia di farci davvero vedere ‘sti supereroi con occhi colmi di meraviglia. E anche la risoluzione finale risulta stranamente intelligente per gli standard Marvel.
Per concludere…
Doctor Strange è un film Marvel, e si vede. Ma è anche un Marvel atipico. Ha imparato dagli errori dei suoi predecessori, e ha scelto di seguire una strada più pacata. Diciamo pure meno imbecille. Si colloca all’opposto del pur piacevolissimo Guardiani della Galassia, tenendo un occhio fisso sulla migliore DC che ha Nolan come vertice. Il nostro grosso timore è la probabile caduta di stile che seguirà l’inserimento del dottore tra Steve Rogers & Co.