Desconocido – Recensione del film d’esordio di Dani De La Torre

Dani De La Torre è un regista e sceneggiatore spagnolo che finora si era occupato solamente di tv e corti. Desconocido – Resa dei conti vede il suo debutto cinematografico e il bilancio non può che essere positivo. Distribuito in Italia da Satine Noir, è disponibile dal 31 marzo 2016. La trama è piuttosto semplice: Carlos (interpretato da Luis Tosar, una vera icona del cinema spagnolo) è un direttore di banca pieno di ambizione e con pochi scrupoli di coscienza. Una mattina sale in macchina insieme ai suoi due figli, Sara e il piccolo Marcos, per portarli a scuola. Non appena mette in moto la vettura, squilla un telefono di cui tutti ignoravano l’esistenza: è un numero sconosciuto (‘desconocido’, appunto). Dall’altra parte del telefono la voce di un uomo spiega quello che sta accadendo: c’è una bomba sotto i loro sedili e nessuno deve scendere altrimenti la farà saltare. In cambio della loro vita vuole tutti i soldi di Carlos e più di 400mila euro prelevati dalla banca in cui lavora. Comincia così un road movie (in stile Speed) che proietta lo spettatore direttamente sul sedile della macchina, tra inseguimenti, imprevisti e scoperte personali. Carlos si renderà conto che la sua ambizione sfrenata ha fatto del male a molta gente e che ora ne sta facendo alla sua famiglia. Scoprirà che il suo matrimonio potrebbe finire da un momento all’altro e che il rapporto con i suoi figli è più che mai complesso. Sarà sul punto di perdere davvero tutto – lavoro, soldi, affetti – e proprio a quel punto potrà rischiare il tutto per tutto per cercare di recuperare quei valori che purtroppo aveva finito col mettere da parte.

L’antagonista è Lucas (Javier Gutiérrez), un uomo mosso dal dolore e divorato dalla tristezza. Sua moglie ha perso tutti i suoi soldi a causa di alcuni investimenti sbagliati e si è tolta la vita. Lui incolpa la banca e il banchiere per questa perdita, per questo vuole spingerlo al limite: deve pagare per tutti i sorti subiti dalla sua famiglia. La vittima appare quindi come il carnefice e, viceversa, il carnefice appare come la vittima. In questo scambio di ruoli, sono i sentimenti in gioco e l’ottima performance dei due attori a dare una marcia in più al film.

Nonostante le scene si svolgano in macchina per la maggior parte del tempo, lo spettatore non è portato alla noia. Tra i personaggi secondari, spicca quello di Bélen (Elvira Mínguez, un’attrice di teatro già vincitrice di un premio Goya nel 2005), capo degli artificieri. Lei è l’unica ad intuire che le apparenze spesso ingannano e che bisognerà scavare più a fondo per arrivare alla vera resa dei conti.

La pellicola non cade mai nel banale, tiene ben dritti sulla poltrona e, nei suoi giudici, non risparmia una critica (di grande attualità) al mondo delle banche. Nella conclusione è possibile trovare qualche dubbio e una sola certezza: pagare per i propri errori può essere costoso ma, quando non si ha più nulla, si capisce cos’è davvero fondamentale. E si può ripartire proprio da questo.

Link adv