Dallas Buyers Club – Recensione

20 anni dopo, il film “Philadelphia” interpretato magistralmente da Tom Hanks e Antonio Banderas, viene riproposto il tema dell’AIDS, che ancora oggi ci fa stupire.
Veniamo catapultati a metà degli anni ’80, quando l’HIV cominciava a diffondersi senza controllo, assimilata come malattia omosessuale in primis, e con fasi di studio ancora in fase sperimentazione, incapaci di poter dare una lunga speranza di vita.

LA RECENSIONE NEL DETTAGLIO
Ron Woodroof (Matthew McConaughey), viene colpito dalla malattia e da omofobo razzista qual è, gli toccherà ricredersi sulle persone che considerava amici e compagni di bisboccia, sia su quelle che incontrerà sul suo cammino, come una transessuale tossicodipendente, Rayon (Jared Leto), e sieropositiva, che inizialmente diventeranno soci in affari (rivendita illegale di prodotti sperimentali non approvati in America) arrivando poi a volersi bene davvero.
Ron non accetta inizialmente di essere positivo a questa malattia, rifiutando prodotti sperimentali a lunga durata (gli vengono diagnosticati 30 giorni di vita), provando a sperimentare lui stesso un mix di farmaci, proteine e vitamine su di lui, per poi smerciarle agli altri sieropositivi, volando da una parte all’altra del mondo per poterle procurarsele (illegalmente).
La sua forza di volontà di combattere questo male, lo porterà a battersi con tutte le sue forze contro la sanità americana accusata di prendersi cura solo delle condizioni economiche, piuttosto che dei suoi pazienti; tutto questo, grazie all’aiuto di Rayon e della dottoressa Eve Saks (Jennifer Garner), lo porterà ad aprirsi ai sentimentalismi, ad una sopravvivenza di 7 anni e al riconoscimento da parte delle autorità americane, del suo metodo per combattere l’AIDS, o almeno rallentarne gli effetti.
Il film, presentato in Concorso allo scorso Festival del Cinema di Roma, si basa su una storia vera, di quest’uomo che ribalta la sua esistenza per il solo scopo di vivere.
Un film importante, dal tema importante, che volendo potremmo applicare al nostro caso italiano sul processo “stamina”, e che vede della interpretazioni stellari.
Un Matthew McConaughey che negli ultimi tre anni sembra esploso nel mondo del cinema tra “Magic Mike“, “Killer Joe“, “The Paperboy“, questa pellicola e la parte in “The Wolf of Wall Street“.
Un Jared Leto stratosferico, che ha dato l’ennesima prova della sua bravura.
Insomma, chapeau al film, all’interpretazione, alla dedizione degli attori di immedesimarsi fisicamente al ruolo dimagrendo fino al 20 kg, come nel caso di McConaughey (in pratica il contrario di quanto Christian Bale ha fatto per l’interpretazione di “American Hustle” e anche lui presente nella cinquina tra la categoria i miglior attore), e dal diverso tatto di come viene trattato l’argomento, in modo rude, cinico (da parte della sanità pubblica), ma fatto di speranza e affetto.

Inutile dire che Leto meriti l’Academy per questa performance pazzesca, ma per McConaughey la “sfida” sfocia in un tête-à-tête con Leonardo DiCaprio (candidato per “The Wolf of Wall Street”).
Uno che merita di vincere l’Oscar da anni, e in pratica per una questione di principio ormai, e l’altro che meriterebbe per questo film che potrebbe essere, senza il potrebbe, l’interpretazione migliore della sua carriera.

Articolo di Mara Siviero

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