Dopo il grande successo che è stato Maleficent, la Disney continua il suo percorso di adattamento live-action dei suoi classici animati e porta nelle sale Cenerentola, raccontata attraverso l’occhio di Kenneth Branagh.
Sceneggiato da Aline Brosh McKenna (Il diavolo veste Prada), il cui script è stato successivamente rivisto da Chris Weitz (La bussola d’oro e ora al lavoro sullo spin-off di Star Wars), Cenerentola mette in chiaro la volontà di realizzare una versione in carne e ossa del lungometraggio animato del 1950 pur non disprezzando l’introduzione di alcune novità. L’elemento fiabesco fa immediatamente il suo ingresso grazie alla voce narrante, che rimanda alla tradizione orale attraverso la quale questo genere narrativo è stato tramandato attraverso i secoli e che accompagna il pubblico per gran parte della proiezione.
Il film ripercorre i punti portanti della storia che tutti conosciamo: Ella è una bambina solare che vive felice con i genitori; la sua vita cambia quando la madre muore e il padre, anni dopo, si risposa con una dispotica vedova già madre di due figlie. In seguito alla scomparsa del padre, Ella rimane sola con la matrigna e le sorellastre, che cominciano a trattarla come una serva, ribattezzandola Cenerentola. Man mano che il lungometraggio procede, la scelta di Branagh nelle vesti di regista risulta più che appropriata per l’idea che la produzione ha del titolo; al contrario di Maleficent o Alice in Wonderland, che fornivano una rilettura action dei racconti a noi noti, questa Cenerentola vuole porsi quantomai come una trasposizione posata dell’originale. Così come la sceneggiatura aggiunge intuizioni all’originale film animato, il regista mette al servizio del mezzo cinematografico tutta la sua esperienza teatrale: gli attori si muovono sul set come su un palcoscenico, ognuno conquista prepotentemente il proprio spazio, fisico e non, all’interno della scena e viene spesso inquadrato come lo vedrebbe uno spettatore voyeur.
Nonostante i personaggi rappresentino dei modelli ben catalogabili, la dimensione fornita ad alcuni di essi costituisce un’interessante novità. Il film costruisce il passato di diverse figure e questo ha un effetto non trascurabile sulle relazioni interne. Se l’aver dato una “spiegazione” alla bontà per certi versi esagerata della protagonista, frutto di una promessa, aggiunge poco al carattere del personaggio, la figura di Lady Tremaine acquista invece un diverso spessore. Cate Blanchett è perfetta nel ruolo di una crudele matriarca facile da detestare, che si risposa perché terrorizzata dall’idea di non poter provvedere a sé e alle sue figlie, ma in alcuni frammenti notiamo una moglie che, nella nuova famiglia, sa di non poter sostituire la madre di Ella, il cui spirito aleggia ancora nella dimora; una donna che vede in Cenerentola tutto ciò che lei poteva e ora non può più essere, in cui continua a riflettersi lo spettro della defunta, la cui gentilezza è stata tramandata a Ella così come il cuore duro di Lady Tremaine ha modellato le due sorellastre, ancor più vistosamente inette se paragonate alla giovane protagonista.
Come per tutte le produzioni Disney di questo tipo, gli effetti speciali giocano un ruolo preponderante nella creazione del mondo; sfortunatamente, il modo di integrare la computer grafica è spesso abusato e il risultato è un ambiente non tanto fantastico quanto irreale. La scena più iconica del film, con la Fata Smemorina che tramuta una zucca in carrozza e dona l’abito per il ballo a Cenerentola, è fin troppo esasperata; la situazione è già carica di magia per ciò che sta per succedere e non richiede un eccessivo arricchimento visivo per mezzo del computer. Se in questi casi Branagh fatica a gestire le sequenze, il lavoro svolto con scenografie e costumi è particolarmente notevole. I set maestosi ricostruiti da Dante Ferretti sono quantomai sfarzosi, ma il regista passa abilmente da ambienti barocchi ad altri più intimi, a volte angusti, o naturali: la casa di Ella, dalle stanze calde e ben arredate, diventano presto territorio della madre e delle sorelle acquisite, mentre la protagonista viene relegata nella piccola soffitta; dopo il grande ballo al castello segue una sequenza più intima in un giardino segreto del palazzo e non mancano, nel corso del titolo, corse a cavallo in mezzo alla foresta. Anche i costumi di Sandy Powell, oltre a essere altamente curati nel dettaglio, fungono platealmente da codice per identificare la natura dei personaggi: elegante ma leggero è l’abbigliamento di Cenerentola, del Principe Azzurro e delle personalità positive; per i colori accesi, a tratti acidi, e spesso in contrasto fra loro si distingue il guardaroba degli infidi e dei doppiogiochisti, Anastasia e Genoveffa su tutti.
Dal punto di vista narrativo, la storia è lineare e non scardina eccessivamente il classico del 1950. Questo, nella seconda metà del film e in particolare dopo l’apparizione del Principe, rallenta non poco il ritmo di un racconto che sappiamo tutti come andrà a finire, soprattutto per via del suo essere didascalico: la voce narrante onnisciente è fin troppo ingombrante e la ripetizione della frase “bisogna essere gentili e coraggiosi” a più riprese, come fosse un mantra, appesantisce inutilmente un concetto già reso palese dal comportamento fin troppo corretto della protagonista. A un pubblico più adulto, questa retorica potrebbe dar fastidio, per quanto si possa apprezzare il messaggio positivo secondo cui ognuno raccoglie ciò che semina.
Questa versione di Cenerentola rispetta dunque lo spirito dell’originale animato, offrendone una versione in carne e ossa per le nuove generazioni che vive innanzitutto dell’inedito punto di vista fornito dalla sceneggiatura su alcuni personaggi e l’approccio classico alla regia da parte di Branagh. Gli interpreti calzano bene il proprio ruolo, le proprie maschere dotate di nuova vita, con un plauso particolare alle arpie Tremaine; paradossalmente, sono forse Cenerentola e il Principe Azzurro a bucare meno lo schermo, colpevole anche la retorica ridondante e il loro carattere più bidimensionale, senza i quali sarebbe risultato un film meno prolisso e ancor più potente, ma che riesce comunque a portare la fiaba sul grande schermo con dignità.
Cenerentola arriverà in Italia il 12 marzo 2015, un giorno in anticipo rispetto all’uscita statunitense. Il film è diretto da Sir Kenneth Branagh (Marilyn; Jack Ryan – L’iniziazione) e vede Lily James (Downton Abbey) nei panni della sognante protagonista. Per l’occasione, un nutrito gruppo di star ha risposto alla chiamata della major: Cate Blanchett è la perfida matrigna Lady Tremaine, Helena Bonham Carter è la Fata Smemorina, Richard Madden (Robb Stark in Game of Thrones) è il Principe Azzurro, Derek Jacobi è il Re e Stellan Skarsgård è il machiavellico consigliere del Re. Completano il cast Holliday Grainger, Sophie McShera (Anastasia e Genoveffa), Ben Chaplin, Hayley Atwell (genitori di Ella) e Nonso Anozie (Capo delle guardie reali).