Captain America: The Winter Soldier – Recensione

Cosa cerchiamo quando vediamo un film? Ognuno risponderebbe in modo diverso a questa domanda, ma la versatilità del cinema ci permette di trovare sempre qualcosa adatto a noi. Questa varietà ha però creato una divisione sempre più netta nei generi cinematografici, per cui se siamo a caccia di adrenalina scegliamo un film in cui non ci aspettiamo di trovare dialoghi sopra i due massimi sistemi e se ci sentiamo inguaribili romantici non ci aspettiamo di essere catapultati in effetti pirotecnici. Per quanto ci sia un’ovvia distinzione tra le tipologie di pellicola e conseguentemente tra i loro contenuti, si rischia tuttavia di perdere di vista un concetto fondamentale e cioè che in fin dei conti si tratti sempre e comunque di cinema.

Questo preambolo è necessario per poter analizzare il film di oggi: “Captain America: The Winter Soldier”.

Per la regia di Anthony e Joe Russo, la pellicola rappresenta il secondo capitolo con protagonista la “Leggenda vivente” e rientra in quello che è il primo ciclo cinematografico dell’universo Marvel, che proseguirà il prossimo anno con “Avengers: Age of Ultron”.

La vicenda è ambientata due anni dopo gli eventi narrati in “The Avengers”, il Cap è ormai membro della squadra di supereroi dello S.H.I.E.L.D. e cerca di recuperare i decenni passati in ibernazione tentando di ambientarsi nel mondo di oggi. Ma si sa, c’è sempre un supercriminale bramoso di conquistare il mondo e  toccherà alla “Sentinella della Libertà” sconfiggerlo facendo trionfare  il bene.

E invece no.

No, perché questo film non vuole essere il classico cinecomic in cui l’eroe si dà battaglia con il folle di turno per venire poi festeggiato dalla folla in visibilio. I fratelli Russo vogliono altro per questa pellicola, vogliono che venga considerato vero cinema, non solo l’ennesima storia di un tizio in calzamaglia che sconfigge il male.

Ed è così che si torna al discorso iniziale: nonostante si parli di un prodotto facilmente catalogabile come cine-fumetto, il tentativo qui è quello di mostrare altro, qualcosa di più. E se l’apparente voglia di rischiare può sembrare encomiabile, questa stessa premessa si dimostra essere un’occasione mancata, se non il tallone d’Achille del lungometraggio.

Considerandolo un semplice film supereroistico tratto da un fumetto, il film fa il suo dovere e lo fa anche bene. L’intrattenimento è di buona fattura, le scene d’azione sono ben girate e gli effetti speciali puliti, per quanto a volte un tantino eccessivi, riescono a immergere lo spettatore nella scena. Quando indossa il costume, Captain America è convincente, complici le coreografie ben studiate e un comparto sonoro niente male che a sentire il tonfo dell’inseparabile scudo mentre i nemici cadono sotto i suoi colpi, ci si porta una mano al volto quasi ad aver percepito noi stessi il dolore. I personaggi comprimari sono funzionali e mai fastidiosi: la Vedova Nera ( riesce a ritagliarsi un ruolo più incisivo rispetto al passato e aggiunge la sensualità giusta alla pellicola, mentre Falcon (Anthony Mackie) è un’aggiunta che, per quanto non essenziale, non dà la sensazione di essere di troppo, proclamandosi portavoce ufficiale dell’ironia che pervade gran parte del film, che aiuta però a stemperare i momenti troppo concitati. I due veterani del grande schermo Samuel L. Jackson e Robert Redford ci omaggiano con due interpretazioni molto solide, ed è un piacere vederli recitare assieme nei panni di due personaggi centrali per gli avvenimenti.

Parlando del Soldato d’Inverno, l’uomo mascherato si dimostra una nemesi valida per il Capitano, sia per il background, sia per il tipo di personaggio; il misterioso Soldato è difatti una sorta di doppio del protagonista: dotato di grande forza e agilità, capace di bloccare lo scudo in vibranio col  suo braccio meccanico, non disdegna l’uso delle armi ma  è un abile combattente a mani nude, insomma un avversario all’altezza dell’eroe a stelle e strisce e non è il solo contro cui il paladino della giustizia dovrà vedersela. Ma non vogliamo addentrarci troppo nei dettagli della trama, anche se qui un discorso a parte andrebbe aperto per il marketing dietro questo prodotto: il film, come detto sopra, presenta delle scene girate con intelligenza e momenti di grande intrattenimento, ma questi, assieme a un paio di colpi di scena, vengono smorzate dal lavoro di pubblicizzazione che con il continuo rilascio di video e immagini promozionali, presenta allo spettatore gran parte del materiale più interessante e, nonostante ci si lasci coinvolgere dalle scene stesse, la curiosità e la suspense si affievoliscono quando si realizza di aver già assistito all’epilogo della vicenda.

Fin qui la pellicola appare confezionata a puntino; il problema, se tale si può definire, sorge analizzando il vero motore della storia, il sub-strato narrativo. Ed è qui che sembra che  il film voglia scrollarsi di dosso l’etichetta di ennesimo cine-comic e cercare di conquistare quella fetta di pubblico che guarda solitamente i supereroi in modo diffidente. Si srotola dunque davanti a noi un intreccio che sa tanto di quei classici spionistici degli anni ’70, con una trama in cui, tuttavia, la divisione tra bene e male e tra ciò che è giusto e ciò che non lo è, si fa indistinta e che sembra voler mettere in dubbio le nostre convinzioni anche dopo essere usciti dalla sala. Sotto questo aspetto il lavoro dei Russo non solo convince meno, ma risulta ambiguo nelle sue intenzioni.

L’idea di partenza di voler mostrare il supereroe a contatto con un mondo che ancora conosce poco è praticamente accarezzata solo nei primi minuti e per la maggior parte affrontata con ironia. Non c’è un reale conflitto tra i due tempi e tra le convinzioni del passato e quelle del presente; lo stesso Capitano usa il computer e naviga online, guida e addirittura ruba macchine moderne… L’unico dialogo sulla differenza di ideali tra ieri e oggi dura una manciata di secondi ed è appesantito da una dubbia retorica.

Perché trattandosi di Capitan America, che di retorico ha già il nome, il rischio di cadere nei moralismi, o peggio ancora di far filtrare un messaggio male interpretabile, è molto alto. Figlio dei suoi tempi, il Cap è stato uno dei simboli della lotta al nazismo e allora tutto il mondo sapeva chi indicare come “cattivo”; ma se nei fumetti e nel primo film, il male era rappresentato fisicamente da un nemico ben preciso guidato dalla sua sete di potere, come il Teschio Rosso, qui abbiamo un nemico quasi invisibile, che si nasconde, si camuffa, penetra come un veleno anche dove non ce lo aspetteremmo e a quel punto capire chi voglia proteggere la nostra libertà e chi la voglia sopprimere non è più così semplice. Questa premessa, matura e dai risvolti interessanti, si sgretola però man mano che passano i minuti e culmina nel finale dando un colpo alla botte e uno al cerchio, lasciando lo spettatore dubbioso sul significato di fondo ma soprattutto su quale fosse il messaggio che originariamente voleva essere lanciato, arrivando a chiedersi se questo risultato fosse voluto o meno.

Volendo giudicare il comparto tecnico, il lavoro compiuto è davvero eccezionale, ogni cosa sembra essere al suo posto dal punto di vista grafico e sonoro e anche i piccoli eccessi si perdonano, non andando comunque a intaccare la resa ultima del progetto. È doveroso tuttavia soffermarsi sulla qualità del 3D, per cui la pellicola è stata convertita. La visione stereoscopica aggiunge ben poco e nelle prime sequenze, soprattutto durante i combattimenti frenetici, rischia di disorientare e confondere. La visione tridimensionale crea inoltre un effetto quantomeno bizzarro in almeno un paio di scene, in cui i personaggi sembrano delle figurine di carta che si muovono su dei binari all’interno di gigantesche case per bambole. Il 3D si limita a offrire un accentuato effetto di profondità e forse la parte in cui rende meglio è quella dei titoli di coda, in cui i vari personaggi vengono rappresentati sotto forma di silhouette, molto belle da vedere.

Sembra quasi superfluo ricordare di rimanere fino alla fine dei titoli di coda per la consueta scena post-credits, la seconda dopo quella mostrata subito dopo la conclusione del film.

Andando a tirare le fila, “Captain America: The Winter Soldier” risulta un buon prodotto e considerando gli elementi propri del filone cinefumettistico si dimostra  uno dei lavori più riusciti. Chris Evans risulta credibile nei panni dell’eroe e il cast che lo supporta riesce a mantenere il livello della produzione su standard molto alti. L’equilibrio tra azione e riposo, con quell’ironia tutta marvelliana, che si prende la libertà di inserire un riferimento a una pellicola interpretata da uno degli attori principali tutta da scoprire (c’è inoltre una piccola chicca per noi italiani nei primi minuti del film, quindi occhi bene aperti), fa sì che la pellicola coinvolge e diverte, ma quando cerca di volare troppo in alto, andando a scomodare argomenti sulla carta promettenti e sconfinando in altri generi, finisce per bruciarsi e zoppicare, perdendo un po’ dello smalto iniziale. Forse osando di più e in maniera più convinta, avremmo avuto un film d’intrattenimento davvero coi fiocchi, ma il risultato finale ha comunque le carte in tavola per accontentare anche i meno appassionati del genere. Gli elementi positivi sono infatti  convincenti e portano sullo schermo un Capitan America in grande spolvero, che non risente minimamente della mancanza degli altri Vendicatori e dimostra di saper reggere il ruolo di protagonista assoluto.

Vota questa recensione come la migliore! In palio un’anteprima Marvel (soggiorno+volo) e tanti altri premi!

Link adv