Animali notturni, un intenso thriller regalatoci dal regista Tom Ford (A single man). Cast ineccepibile (Amy Adams, Jake Gyllenhaal), tensione mantenuta alta dall’inizio alla fine. Pur nella sua relativa lentezza, tiene incollata l’attenzione. Non c’è nulla di telefonato, atteso, scontato. Tutto si svolge davanti ai nostri occhi, richiamando centinaia di altri film ma non seguendone nessuno. Ma la vera forza è nell’intreccio tra due storie, e nella sua resa registica. Se, a prima vista, i drammi coniugali di Susan e il tragico viaggio di Tony non hanno nulla in comune, a ben guardare sono espressioni di una stessa parabola. Quella dell’amaro frantumarsi di possibilità e scelte di fronte al dipanarsi della realtà.
Animali notturni – due storie, nessuna scelta
Entrée di nudi adiposi. Tra fascino e disgusto. Poi i nudi diventano parte di una mostra dove Susan (Amy Adams), direttrice della galleria, attende invano il marito. La sua è una vita di lusso. “Borghese”. Casa enorme. Attendenti e maggiordomi. Marito distante, perso tra lavoro e viaggi d’affari (e amante). Un mondo dell’arte asettico, che lei non riconosce come suo, ma vi rimane attaccata per paura di perdere quel sogno d’adolescente ormai troppo logorato dalla realtà. In questa vita congelata, arriva sulla sua scrivania il manoscritto del romanzo del suo ex-marito. “Animali notturni”. Ed è qualcosa di così violentemente vero che la sua vita ne viene scossa.
Desertiche distese del Texas. Tony viaggia al volante con moglie e figlia. Notte, una macchina s’accosta alla loro. Bisticci di paraurti, poi vengono spinti fuori strada. Tre uomini ubriachi, violenze – psicologiche e non – e Tony è separato dalla famiglia e lasciato in mezzo al nulla. Splendidi paesaggi, possenti di sublime, di nuvole e deserto. Tony arriva alla polizia e denuncia l’accaduto. Figure di poliziotti con un tocco di grottesco. La regia indugia volutamente su situazioni kafkiane, paradossali. Lascia dubbi e spaesamento. L’incertezza di non avere luogo sicuro. Moglie e figlia ritrovate. Morte. Stuprate. Per Tony potrebbe essere morte. Invece oscilla tra giustizia e vendetta.
Susan non riesce a liberarsi dal ricordo dell’ex marito Edward. Sensibile, dolce, ha sempre creduto nelle sue capacità (umane ed artistiche) e lei lo ha rifiutato e tradito. Timore perenne di essere l’insensibile macchina sputasentenze che è sua madre. Ma le scelte, per Susan e Tony, sono davvero tali? C’è davvero una possibilità di divincolarsi da imposizioni culturali, emotive e circostanziali ed essere liberi di essere se stessi?
Animali notturni – i pericoli del vuoto
Gyllenhaal e Adams eccelsi nel dare profondità anche alla battuta o allo sguardo più semplici. Ma tutto il cast si dimostra all’altezza. La regia gioca tra toni focosi e crudi (che ci ricordano i Coen di Non è un paese per vecchi), e sfumature asettiche, lynchane, quasi stranianti. Le scelte dei due protagonisti sembrano dettate da un vuoto, un’oscurità che impregna l’animo umano. Imprescindibile, innegabile. A parte forse per chi, come Edward, sembra riconoscere (a metà) la vanità del reale.
Ed è proprio quest’oscurità il motore della trama. Nel momento in cui Tony potrebbe, rischiando la vita, rivedere moglie e figlia, cosa lo trattiene? Paura? Calcolo? Cosa? Cosa impedisce a Susan di essere felice? I ricordi? Il presente? Le sue paure? Rimangono molte, troppe, parole in sospeso. Troppo non detto, non urlato. Rimpianti e rimorsi che vanno ad alimentare straniamento, disperazione e vuoto. Ed è nel finale sospeso, indeciso tra rabbia, gioia e amarezza, che il silenzio di Susan, il suo sguardo, sono la risposta più dura da digerire.
Per concludere…
Un thriller carico, potente. Diretto e interpretato nel migliore dei modi. Sceneggiatura che esplora l’uomo, lo analizza dove fa più male. Pur nella sua amarezza, Animali notturni è un disperato grido d’amore. Un amore che si infrange contro le scogliere della realtà, e perde quella forza immaginativa necessaria alla sua stessa esistenza.