Venezia 71 – Le considerazioni di fine festival

La 71ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia è giunta al termine e, con nostalgia, occorre fare alcune considerazioni.
Un festival, quello di quest’anno, decisamente sottotono (diretto per il terzo anno consecutivo da Alberto Barbera); sia dal lato economico, tale per cui numerosi eventi e feste non sono state organizzate, come invece avveniva per gli anni scorsi, ma soprattutto per la qualità.

Si sa, Venezia è sempre stata una grande vetrina, per i film che concorrono così come per gli attori, la maggior parte dei quali, quest’anno, davvero sfuggevoli; il motto di quest’edizione è identificabile con un “I Gotta Go” pronunciato dalla maggior parte degli artisti, stranieri o italiani che fossero. Normale che poi giovani e meno giovani, in attesa dal mattino per vederli, comincino a dare un po’ i numeri.
Terrei invece a dare merito a mostri di pazienza e signori quali sono come Tim Roth, Al Pacino, Willem Dafoe, Michael Shannon, Owen Wilson, James Franco, Stellan Skarsgård e il nostrano Pierfrancesco Favino, che hanno davvero cercato di soddisfare tutti, nei limiti della sopportazione, messa a dura prova da aggressioni fisiche di notevole entità da parte di un pubblico abbastanza incivile.

Inevitabile, a questo punto, commentare premi e film.
Mentre sembra essere accettato da tutti il Leone d’oro per En duva satt på en gren och funderade på tillvaron (A Pigeon Sat on a Branch reflecting on Existence) di Roy Andersson, presto distribuito in Italia dalla Lucky Red, e per il Gran Premio della Giuria (presieduta da Alexandre Desplat e composta da giurati tra cui Tim Roth e Carlo Verdone) andato al documentario The Look of Silence di Joshua Oppenheimer, non si può dire lo stesso per le Coppe Volpi assegnate ad Alba Rohrwacher e Adam Driver entrambi per Hungry Hearts di Saverio Costanzo.
In particolare, mentre alla Rohrwacher piace vincere facile, dato che poteva competere solo con Wang Xiaoshuai, protagonista di Red Amnesia (per assenza di altre interpreti femminili nei film in concorso), la vittoria di Driver è molto discussa; per lo stesso premio concorrevano il fantastico Elio Germano ne Il Giovane Favoloso, Al Pacino nel brillante ManglehornMichael Keaton nel film di apertura Birdman, Andrew Garfield in 99 Homes e Tahar Rahim in The Cut. Mica cotiche, insomma

Mentre sia un peccato che film come i cinque sopra citati, così come Anime Nere, non siano stati quasi per nulla presi in considerazione dalla giuria, per altri è stato un bene il fatto che siano stati snobbati. E parlo dei colpi di sonno sterminatori tra il pubblico, dovuti a film quali Pasolini e Loin des Hommes (con Viggo Mortensen).
Ben vengano invece le partecipazioni di commedie al Festival ovvero She’s Funny that Way con Owen Wilson e Burying the Ex di Joe Dante (peccato che entrambi fossero fuori concorso).

Venezia 71 ha cercato di proporre due fili conduttori all’interno della maggior parte dei film presenti: la solitudine dell’uomo, di fronte sia alla vecchiaia che alla società, e il metateatro, cioè rappresentazioni di pièces teatrali all’interno dello stesso film. Ne sono esempi Birdman, The Humbling, She’s Funny that Way e La Trattativa (di Sabina Guzzanti).

Sperando di essere stati esaustivi nell’informazione e cercando di delineare quali film siano da vedere e altri da evitare, la parentesi del Festival di Venezia si conclude qui.
Comincerà a salire la nostalgia e a si inizieranno presto a contare i giorni che ci separano dall’edizione Venezia 72, che inizierà il 2 settembre 2015); ma noi contiamo di esserci ancora e nel frattempo vi ringraziamo, gentile pubblico, per averci seguito e perché continuate a farlo.
Per noi è stato e continuerà a essere un gran piacere.
Al prossimo festival!

 Articolo di Mara Siviero

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