Il 15 Aprile 1967, a Roma, spirava per un comunissimo infarto, Antonio Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Comneno Porfirogenito Gagliardi De Curtis di Bisanzio, per tutti noi Totò. Era diventato praticamente cieco, per una malattia alla retina degli occhi, cagionata si dice, dalla costante esposizione ai fari di scena. Oggi siamo nel 2014 e sono passati quasi cinquant’anni da quel giorno, eppure noi ne stiamo ancora parlando. Povero Totò, chissà quanti anni ancora dovrà restare sotto quei fari di scena!? Forse per sempre! Quello “scugnizzo” del rione Sanità, nato povero e da una relazione clandestina, non sapeva che sarebbe poi diventato principe, ma non uno qualunque, bensì il principe della risata. Sin dai primi anni di scuola intratteneva i suoi compagni, imitando le personalità più bizzarre del suo quartiere che osservava tutto il giorno e che gli affibbiarono il soprannome di “O’ spione”. Questo metodo così bislacco, fu di grande aiuto poi, per la maturazione come artista della commedia d’arte. All’inizio degli anni Venti, trasferitosi a Roma, tentò varie volte la strada del teatro, ma se i risultati erano soddisfacenti a livello di consensi del pubblico, non si poteva dire lo stesso dei suoi guadagni. Aveva sempre lo stesso abito di scena, per di più largo e consumato, un laccio di scarpa era adattato a cravatta e le scarpe nere, mai lucidate…La faccia però era sempre diversa, si riempiva di smorfie buffe e insolite, che persuadevano il pubblico a mostrare spontaneamente il loro 32 denti.
Finalmente verso la metà degli anni Venti, dopo un costante girovagare per i caffè-concerto più in voga d’Italia, si consacrò a livello nazionale, tanto da poter permettersi un nuovo guardaroba e di poter impomatare i suoi capelli come Rodolfo Valentino. Negli anni Trenta conseguì i primi provini cinematografici, i quali non diedero i frutti che arrivarono solo dagli anni Quaranta in poi e che lo resero quello che è tutt’ora: i suoi film, quasi cento, visti da milioni e milioni di spettatori, riscuotono ancora oggi uno schiacciante successo nella cinematografia italiana, con battute e gag, divenute oggi perifrasi del linguaggio comune. Insomma, è realtà: il principe della risata non è morto!
Così la sua compagna Franca Faldini, riportando le parole del suo compagno:
” Al mio funerale sarà bello assai perché ci saranno parole, paroloni, elogi, mi scopriranno un grande attore: perché questo è un bellissimo paese, in cui però per venire riconosciuti qualcosa, bisogna morire.”