“Un giorno senza una risata è un giorno perso”
Charlie Chaplin
Il grande Chaplin, come molti comici venuti dopo di lui, sapeva bene cosa vuole dire affrontare il mondo con la consapevolezza che le persone si aspettano da te una battuta, un gesto buffo, un siparietto comico improvvisato a loro beneficio.
Il sorriso, spesso triste ma mai preso sul serio, è come un’armatura, uno scudo che nasconde ciò che si cela più in profondità. Robin Williams, attore comico e drammatico, talento fuori dal comune, non solo grande artista ma anche grande uomo, riusciva così bene a nascondersi dietro le risate che nessuno avrebbe pensato potesse andarsene per sua scelta, prematuramente, in un modo tanto shockante non solo per la sua famiglia ma anche per tutti coloro che lo hanno apprezzato sul grande schermo e che con i suoi film sono cresciuti.
Non esistono più dubbi sulle cause della sua morte come non esistono dubbi circa la sua lenta e inesorabile discesa nella depressione, causata dall’abuso di alcool ma anche da problemi economici e lavorativi.
La depressione, una malattia spesso sottovalutata, viscida ed insidiosa, compresa realmente solo da chi quell’inferno lo vive ogni giorno. Non bastano i farmaci, non basta la terapia, la depressione rimane una compagna fedele fino alla fine, impossibile da lasciare o allontanare. A periodi di relativa serenità seguono momenti bui nei quali nulla di ciò che gli altri dicono o fanno può in alcun modo aiutare.
La lenta discesa in quel tunnel senza luce è inesorabile fino a quando non si raggiunge il punto di non ritorno e in testa si ha solo un’idea, ben nascosta, invisibile anche all’occhio più attento. La convinzione di essere un peso per gli altri, di fare un favore al mondo andandosene per propria scelta, si radica nell’anima, ormai stanca, accompagnata da un senso di liberazione dalla sofferenza forse egoistico ma decisamente umano.
È questo che le è successo, Mr. Williams? Pensava davvero che la sua morte avrebbe tolto un peso dalle spalle dei suoi cari?
Se solo potesse vedere come la gente comune, non solo la sua amata famiglia, ha reagito alla sua morte…
La carriera: tra successi e abusi
Nato a Chicago, il 21 Luglio 1951, da una famiglia benestante, il giovane Robin Williams si dedica allo sport e allo studio ed è proprio nel periodo del college che scopre la sua passione per la recitazione. Abbandona la facoltà di Scienze Politiche e viene ammesso alla Julliard School, prestigioso istituto d’arte drammatica newyorkese. Dopo il diploma si guadagna da vivere come mimo ma la grande occasione arriva nel 1977. Il regista Gerry Marshall propone al giovane talento di recitare nel ruolo di protagonista in una nuova serie televisiva: “Mork & Mindy”. Il personaggio del simpatico alieno compare per la prima volta in “Happy Days” ed è proprio grazie alla capacità d’improvvisazione di Williams, che il comprimario diventa la stella di uno show tutto suo.
La serie va avanti fino al 1982 ma il debutto cinematografico di Williams risale al 1980 con “Popeye – Braccio di Ferro” di Robert Altman. La consacrazione vera e propria, arriverà però nel 1987 con “Good Morning, Vietnam” di Barry Levinson grazie al quale, per la prima volta, Williams si cimenta in un ruolo drammatico che riesce a conquistare anche la critica e regala al pubblico un lato artistico di lui ancora sottovalutato. Nomination all’Oscar meritatissima.
Il 1989 è l’anno dell’indimenticabile film di Peter Weir, “L’Attimo Fuggente”. Il ruolo del professore controcorrente, commuove fino alle lacrime e rimane una delle interpretazioni che hanno reso Williams un’icona. Tutti, pensando al film, ricordano la scena nella quale John Keating si congeda dalla sua classe, tra lo sgomento generale, e gli studenti, da quello timido e impacciato (Ethan Hawke) a quello più sfrontato, gli rendono omaggio salendo sui banchi e recitando un verso di Walt Whitman: “Oh, Capitano. Mio Capitano”. Per questa interpretazione, Williams si guadagna la seconda nomination all’Oscar.
Poi arrivano “Risvegli” (1990), accanto a Robert De Niro, “La Leggenda del Re Pescatore” (1991), insieme a Jeff Bridges e ancora, “Hook – Capitan Uncino” (1991), con Dustin Hoffman, “Mrs. Doubtfire” (1993) e “Jumanji” (1995). L’anno d’oro è il 1997, l’anno di “Will Hunting – Genio Ribelle”, scritto ed interpretato da due emergenti quali Matt Damon e Ben Affleck, ma soprattutto, l’anno della terza nomination e della vittoria dell’ambita statuetta.
Williams si è cimentato anche nel doppiaggio, prestando la sua inconfondibile voce al genio della lampada dell’“Aladdin” (1992) disneyano ed è riuscito, nella sua carriera, a passare con facilità da ruoli comici (“Flubber- Un Professore tra le Nuvole”) a ruoli drammatici (“Al Di Là dei Sogni”, “Patch Adams”, “L’Uomo Bicentenario”) senza mai perdere la sua verve e il suo tocco d’artista.
Insieme alla fama, però, è arrivato anche l’abuso di cocaina e alcool. Dopo la tragica morte per overdose dell’amico John Belushi, Williams cade in depressione e grazie alla nascita del primogenito, Zachary, riesce a tirarsi fuori dal tunnel della droga e a rimettersi in forma.
La famiglia e l’amore per il prossimo
Sempre pronto a dare una mano ai meno fortunati, Williams si è impegnato in attività filantropiche sin dall’inizio della sua carriera. Nel 1986, insieme ai colleghi Whoopie Goldberg e Billy Crystal, fonda la Comic Relief USA, programma annuale della HBO che si propone di raccogliere fondi per i senzatetto. Consapevole di essere stato fortunato a nascere in una famiglia benestante, Williams si è sempre sentito in dovere di aiutare coloro che non hanno avuto le sue stesse possibilità.
Sostenitore dei diritti delle donne e contro l’analfabetismo, ha collaborato per anni con l’USO – United Service Organizations viaggiando in giro per il mondo per intrattenere le truppe americane impegnate all’estero, recandosi anche in Iraq e Afghanistan.
Insieme alla seconda moglie, Marsha, ha fondato un’organizzazione filantropica, la Windfall Foundation, per raccogliere fondi da devolvere a favore di diverse cause. Per molti anni, Williams ha dato il suo sostegno al St. Jude Children’s Research Hospital.
Grande amico di Christopher Reeve, Williams è rimasto al suo fianco negli anni successivi al grave incidente che rese l’ex Superman tetraplegico e quando l’attore non è più riuscito a pagare le spese mediche, è stato lui ad aiutarlo. Reeve ha perso la sua battaglia nel 2004 e nel 2006 anche la moglie Dana è spirata, lasciando un figlio quattordicenne. È stato proprio Williams a prendersi cura del ragazzo, aiutandolo finanziariamente.
L’ultimo gesto altruistico dell’attore risale a pochi giorni prima della sua morte e lo vede protagonista di un video nel quale manda tutto il suo amore ed affetto ad una giovane mamma che sta morendo di cancro.
Williams si è sposato tre volte. Il primo matrimonio è finito nel 1988 a causa della relazione intrecciata con la bambinaia, Marsha Garces, la futura seconda moglie. Da Marsha ha avuto due figli, Zelda e Cody, ma anche questo matrimonio si è concluso (2008). Nel 2009 ha conosciuto la graphic designer Susan Schneider che nel 2011 è diventata la terza consorte.
La tragica fine
Purtroppo le dipendenze non sono facili da estirpare completamente e, benché per sua stessa ammissione in un’intervista del 2010, Williams non avrebbe mai più assunto della cocaina in vita sua, non ha mantenuto un proposito altrettanto ferreo con l’alcool. L’ultima ricaduta risale al 2003 e da quell’anno è cominciato il declino fisico, e in parte professionale, di uno dei più grandi attori che il mondo abbia conosciuto.
A causa degli abusi, nel 2006 Williams è stato costretto a ricoverarsi in un centro di riabilitazione in Oregon ma, nonostante gli sforzi, non è riuscito a rimanere sobrio se non per qualche breve periodo.
Nel 2009 si sottopone ad un intervento al cuore durante il quale gli viene rimpiazzata la valvola aortica. Ma la sua battaglia non è ancora finita come testimonia una delle ultime foto dell’attore (qui a lato) che lo ritrae con una fan, visibilmente dimagrito.
L’ultimo ricovero in una clinica riabilitativa risale a poco prima della sua morte. La moglie Susan ha dichiarato che il marito stava vincendo la lotta contro l’alcool e che era sobrio da qualche tempo, ma che era caduto in una grave depressione dovuta, tra le altre cose, all’aver scoperto di essere affetto dal Morbo di Parkinson, notizia che non voleva ancora rendere pubblica.
Anche l’amico Michael J. Fox, da anni affetto dalla stessa malattia e promotore di iniziative atte a dare sostegno ai malati e alle loro famiglie, s’è detto stupito dopo aver appreso la delicata informazione.
Oltre ai problemi di salute, come ha affermato una persona vicina all’attore in un’intervista a Radaronline, Williams era preoccupato per i problemi economici legati al declino della sua carriera e agli alimenti versati alle ex mogli (più di 20 milioni di dollari nel corso degli anni):
Aveva seri problemi di soldi ed era preoccupato per la sicurezza economica della sua famiglia. Robin era frustrato anche perché era costretto ad interpretare ruoli che non avrebbe voluto fare, solo per avere soldi.
Williams sarebbe tornato nei panni di Mrs. Doubtfire per girare un sequel ma sembra che si sentisse obbligato a farlo per avere un’entrata in più.
Fare sequel non era da Robin e non era contento di dover riprendere il ruolo di Mrs. Doubtfire, le riprese sarebbero dovute cominciare alla fine dell’anno.
Le affermazioni di questa fonte anonima sono state confermate dallo stesso Williams durante un’intervista a Parade Magazine:
Ci sono le bollette da pagare, la mia vita si è ridimensionata. Sto vendendo il mio ranch a Napa [del valore di 35 milioni di dollari], non me lo posso più permettere.
Tutte queste preoccupazioni, considerate insostenibili, hanno portato Robin Williams a compiere il gesto ormai noto, l’11 agosto scorso. Non mi dilungherò sui particolari della sua morte perché come hanno detto i familiari, distrutti dalla perdita, non bisogna ricordare come un uomo è morto ma come ha vissuto.
Le esequie si svolgeranno a San Francisco in forma privata (mentre scrivo, la data non è ancora stata resa nota), senza sfarzo, rispettando i desideri della moglie Susan e dello stesso Robin, entrambi decisi a mantenere la loro privacy. A Los Angeles, verrà imbastita una seconda cerimonia mentre allo Throckmorton Theatre di Mill Valley, avrà luogo una serata di beneficenza.
Potremo vedere ancora Robin Williams sui grandi schermi perché nei prossimi mesi usciranno ben quattro pellicole postume dell’attore: “The Angriest Man in Brooklyn”, “Una Notte al Museo 3 – Il Segreto del faraone”, “Boulevard” a “A Marry Friggin’ Christmas”.
Robin Williams rimarrà nei cuori di chi l’ha conosciuto come uomo, come benefattore e come artista. Tutti, chi più chi meno, sono stati toccati profondamente dalla sua prematura scomparsa e l’amore dei fans si è manifestato attraverso i social media, con manifestazioni di cordoglio sincero per la famiglia.
La figlia Zelda, in uno dei suoi messaggi, ha scritto che il mondo sarà un posto meno luminoso, dopo aver perso suo padre e forse non ha tutti i torti…