Recensione A Complete Unknown: James Mangold tra nostalgia e narrazione convenzionale

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È diventato un luogo comune tra gli appassionati di cinema sottolineare come la parodia del 2007 Walk Hard: The Dewey Cox Story abbia ironizzato così efficacemente sui biopic musicali da renderli obsoleti. Tuttavia, il successo commerciale dei film biografici musicali dimostra il contrario. In questo contesto si inserisce A Complete Unknown, il nuovo lavoro di James Mangold, un regista che aveva già esplorato il genere con il suo Walk the Line del 2005, dedicato a Johnny Cash.

A Complete Unknown offre un ritratto competente ma convenzionale su Bob Dylan

Mangold adotta un approccio diverso in A Complete Unknown, concentrandosi su un periodo specifico della vita di Bob Dylan: i quattro anni che vanno dal suo arrivo a New York nel 1961 alla rivoluzione musicale del Newport Folk Festival del 1965. Nonostante il periodo ristretto, il film mantiene una narrazione classica, con una ricostruzione curata dei dettagli d’epoca. Timothée Chalamet, nei panni di Dylan, offre un’interpretazione convincente ma che raramente supera l’efficacia di un’imitazione ben riuscita.

Il viaggio di Dylan a New York inizia con la sua visita a Woody Guthrie, l’icona del folk americano, malato in ospedale. Questo momento cruciale introduce anche Pete Seeger (interpretato con intensità da Edward Norton), che diventa un mentore per Dylan, portandolo a emergere nella scena folk. Tuttavia, il conflitto tra la visione tradizionalista di Seeger e l’innovazione di Dylan rappresenta il fulcro tematico più interessante del film.

Tra successi e tensioni personali

La pellicola esplora anche la relazione di Dylan con Joan Baez, interpretata con sensibilità da Monica Barbaro. Baez, a tratti alleata e critica di Dylan, incarna le tensioni tra il genio egocentrico dell’artista e le aspettative del mondo che lo circonda. Al contrario, la relazione con Sylvie Russo (Elle Fanning), vagamente ispirata alla reale fidanzata Suze Rotolo, appare meno sviluppata e più funzionale alla trama.

Il film, tuttavia, fatica a penetrare nella psiche di Dylan. Il genio musicale del protagonista viene mostrato attraverso sequenze che lo vedono comporre brani iconici, ma queste scene, enfatizzate da reazioni di stupore degli astanti, rischiano di risultare forzate.

L’elettrificazione di Dylan e il tradimento del folk

La transizione di Dylan dal folk al rock elettrico rappresenta il momento più significativo del film. La scelta culmina nella controversa esibizione al Newport Folk Festival, dove Dylan affronta l’indignazione dei puristi come Seeger. Nonostante la tensione drammatica, il film si mantiene entro i confini di una narrazione convenzionale, senza approfondire a fondo l’audacia e la rottura rappresentate da quel momento.

Conclusione: un ritratto moderatamente coinvolgente

Pur ben girato e con una colonna sonora intramontabile, A Complete Unknown resta un biopic che manca di incisività. Se da un lato può introdurre i nuovi arrivati alla musica di Dylan, dall’altro difficilmente soddisferà i fan di lunga data, che potrebbero preferire un ritorno diretto agli album originali piuttosto che a una rappresentazione cinematografica priva di rischio. Una visione piacevole ma che, come Dylan stesso, resta parzialmente impenetrabile.

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