Il film “Oppenheimer” di Christopher Nolan è indubbiamente un capolavoro che fonde abilmente diverse sfumature di genere. L’opera presenta una cupa storia d’amore incastonata nel triangolo tra Cillian Murphy nel ruolo di Oppenheimer, Florence Pugh nel ruolo di Jean e Emily Blunt nel ruolo di Kitty, la moglie di Oppenheimer con cui ha una relazione. Allo stesso tempo, emergono forti elementi drammatici mentre la guerra e la politica si intrecciano con il team di Oppenheimer nel corso della pianificazione del Test Trinity negli anni ’40.
L’Oppenheimer di Christopher Nolan: L’arte della fusione tra generi in un capolavoro cinematografico degno di un Horror
Il contesto è quello della missione americana di ricerca a Los Alamos per vincere la corsa agli armamenti nucleari e assicurarsi di avere le migliori bombe sul mercato. Curiosamente, Nolan ha dichiarato che Oppenheimer contiene anche elementi horror in alcune sequenze. Fedele alle sue parole, il film non si concentra sulle azioni sanguinose, ma sul terrore psicologico che agisce sugli spettatori con un effetto devastante.
Nell’epilogo di Oppenheimer, il protagonista ripensa alla celebrazione inquietante e raggelante dopo i bombardamenti di Nagasaki e Hiroshima, eventi non inclusi nel film. Nolan non ha voluto far rivivere quel terrore agli spettatori, ma ha preferito farli immergere nelle conseguenze interne affrontate da Oppenheimer. Questo raduno festoso è il culmine di anni di lavoro, un modo per ricordare all’America il duro lavoro svolto per ottenere successo contro il Giappone. Ma il senso di colpa di Oppenheimer lo assale durante il suo discorso.
Gli applausi, gli incitamenti e l’atmosfera esaltante della folla lo fanno allucinare. Vede una giovane donna con la pelle del viso scorticata da un’esplosione nucleare. Questa donna è la figlia di Nolan, Flora, una scelta del regista per rendere il dolore più personale. Oppenheimer reprime la sua rottura mentale, ma presto vede un cadavere carbonizzato a terra. La scena lo spaventa, e mentre lascia il palco in preda ad un attacco di panico, continua a vedere persone piangere, sdraiarsi, vomitare e soffrire in atroci dolori.
Queste sequenze del finale di Oppenheimer rappresentano la manifestazione mentale di come le vittime dovrebbero sentirsi dopo gli effetti della bomba. Egli sa che anche coloro che non sono morti nelle esplosioni sono stati avvelenati dalle radiazioni e stanno soffrendo lentamente. Intercalando queste sequenze con la folla urlante crea un effetto claustrofobico, richiamando a film come “Il Cigno Nero” e “Madre!”. Oppenheimer lotta per distinguere la realtà, ma essendo empatico, inizia a provare angoscia. È come se assorbisse il dolore delle persone morenti proprio davanti a lui, con una linea confusa tra realtà e sanità mentale.
Le scene di Oppenheimer a colori sono narrate dal suo punto di vista, soggettive rispetto al suo modo di vedere il mondo. Pertanto, le allucinazioni rappresentano lo scienziato che si rende conto nella sua mente di aver commesso un grave errore. Mentre tutti lo osannano, lui sa di non essere un eroe. È ciò di cui Albert Einstein lo ha avvertito, sottolineando che avrebbe dovuto vivere con i peccati e con tutto quel sangue sulle mani. Potrebbe cercare di scappare, ma qualunque cosa faccia, non potrà mai nascondersi.
È l’effetto a doppio taglio della scienza e dell’evoluzione, soprattutto quando si applica al contesto militare. Oppenheimer era consapevole dell’arduo dilemma morale ed etico, ma ha comunque proseguito con il progetto della bomba per ottenere ammirazione dai colleghi e l’acclamazione del pubblico. Come padre della bomba atomica, sarebbe vissuto per sempre nell’infamia. E tutto questo ritorna a fargli visita quando immagina tutte quelle persone morte, accolto da una folla che lo considera un genio e un vero e proprio dio. In definitiva, queste scene compensano la mancanza di bombardamenti e immagini dell’utilizzo delle armi militari americane. Invece, gli effetti dell’esplosione sono più cerebrali, dando ad Oppenheimer dei fantasmi con cui dovrà convivere per il resto della sua vita.