Manu Bennett alla Festa dell’Unicorno: un incontro straordinario

Abbiamo ancora addosso l’atmosfera della Festa dell’Unicorno, quel modo di stare insieme che, nel suo genere, è unico nel panorama italiano. Più che una fiera a tema, più che una rievocazione storica, nonostante il mondo fantasy e medieval che lì si respira, è proprio una Festa. Come nessun’altra nel panorama italiano sa essere. Proprio questa è la cornice nella quale abbiamo incontrato Manu Bennett. Sapevamo che lo avremmo incontrato, ma non potevamo immaginare come sarebbe stato averlo di fronte, stringergli la mano e parlare con lui.

Lo definiamo parlare con lui e non intervistarlo perché quello è stato: chiacchierare, più che una serie di botta e risposta, in un modo così particolare che non ci aspettavamo. Complice l’organizzazione di Fantasy In Touch e la conduzione sul palco di Vanessa Delbarba, impeccabile anche nel gestire un impegno come quello che ha rappresentato questa sfida, l’avventura della presenza di Manu Bennett è stata una sfida pienamente vinta.

Parliamo con lui alla conferenza stampa del venerdì, a proposito del suo primo viaggio in Italia. A proposito del suo primo momento a Roma.

Stavo solo passando a Roma, l’esperienza è stata come di fotogrammi: non mi sono sentito quasi come se fossi davvero nel luogo giusto, anche quando scorrevo tra quelle strade. Anche ambientazioni che ho più o meno visto nella serie tv… In fondo, io non posso pretendere di essere Crisso, di essere un gladiatore che ha davvero combattuto in un’arena come quella. Ma più di ogni altra cosa, mi piacerebbe visitare Capua. Purtroppo non mi è possibile farlo in questo viaggio, ma spero di farlo al più presto.

Ma se l’avventura con Bennett fosse finita venerdì, sarebbe tutto più semplice, in un certo senso. Sarebbe più facile parlare del calore umano che si percepisce da un uomo che non si nega a nessuna foto, che passeggia per le strade di Vinci ed è lontano mille miglia dal concetto di divo che rimane intoccabile, chiuso negli hotel e nelle interviste serie e sterili. Scambia una parola con tutti, fa una foto con tutti e sì, sorride sempre. Anche quando parla del suo background personale più intimo.

Quando avevo 15 anni ho perso sia mia madre che mio fratello, on due incidenti d’auto differenti. Mio fratello mi è quasi morto tra le braccia. Ho avuto tanta rabbia dentro, e recitare era il mio modo per riuscire a incanalare l’energia. All’epoca stavo con una ballerina, e danzare era un modo per cercare un contatto con mia madre, come anche imparare a suonare il pianoforte che, in casa, usava lei.

Non possiamo trascrivere, non possiamo essere pedissequi nel raccontare cosa è successo, come è andata (anche se nei prossimi giorni vi faremo vedere qualche video). Possiamo ricostruirvi un mondo e un’atmosfera fatta delle sensazioni che trasmetteva lui e che l’organizzazione ha lasciato libere di scorrere, senza ingabbiarle ma permettendo un modo di vivere unico.

Gli abbiamo stretto la mano e non abbiamo sentito una presa molla e di circostanza, lo abbiamo ringraziato per molte sue parole, soprattutto personali e ci siamo sentiti dire che no, lui ringraziava noi perché davamo la sensazione di fare qualcosa di più, qualcosa di diverso.

Ci portiamo a casa un’avventura che non può restare solo nella cornice di una foto, ma nel pensiero più profondo.

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