La recente controversia legata al Caso Balocco ha aperto un nuovo capitolo di discussione sulle operazioni benefiche di Chiara Ferragni. Dopo il pandoro, ora è l’uovo di Pasqua a finire sotto la lente d’ingrandimento.
Il Caso Ferragni: Dopo il Pandoro, Ora l’Uovo di Pasqua sotto Accusa?
Sebbene l’influencer abbia destato scalpore per la sua generosità, devolvendo un milione all’ospedale pediatrico Regina Margherita di Torino in seguito all’ammissione di colpa, “Il Fatto Quotidiano” riporta due eventi precedenti: nel febbraio 2021 e nel febbraio 2022, Ferragni ha promosso le uova di Pasqua marchiate Dolci Preziosi. In entrambi i casi, l’obiettivo era sostenere il progetto benefico “I Bambini delle Fate”, un’impresa sociale dedicata all’inclusione sociale dei minori affetti da autismo.
Chiara Ferragni, Dolci Preziosi e la Polemica sulle Uova di Pasqua
L’influencer, all’epoca, annunciava sui suoi canali social: «Le uova di Pasqua Chiara Ferragni x Dolci Preziosi sosterranno il progetto benefico ‘I Bambini delle Fate’». Franco Cannillo, l’imprenditore che ha acquisito Dolci Preziosi, ha sottolineato la distinzione tra le vendite delle uova e la donazione, affermando: «Assolutamente non c’è correlazione tra le vendite e la beneficenza. Ferragni è stata pagata per l’utilizzo della sua immagine. La nostra donazione è stata indipendente da questo contratto». Sui dettagli finanziari, ha affermato: «Nel 2021 il compenso era di 500 mila euro, nel 2022 di 700 mila euro. Successivamente, la richiesta economica è diventata esorbitante, interrompendo la collaborazione».
La Spiegazione di Cannillo e la Distinzione tra Sostegno e Donazione
Cannillo ha chiarito che l’affermazione “Sosteniamo ‘I bambini delle fate'” rappresentava esclusivamente la loro azione di beneficenza senza implicare che l’acquisto delle uova contribuisse automaticamente alla causa. La locuzione indicava semplicemente la loro donazione e il supporto al progetto benefico, rimarcando la separazione tra la vendita delle uova e l’aiuto effettivo alla beneficenza.
La vicenda solleva il dibattito sull’etica delle operazioni benefiche nelle collaborazioni commerciali, rimettendo in discussione il confine tra l’uso dell’immagine dell’influencer e il reale contributo all’opera di beneficenza.