Quando negli occhi di una persona traspare tutta la passione che ella possa avere per il proprio lavoro, anche chi guarda è attraversato da un senso di felicità e speranza, speranza che ci siano ancora persone che riescono a realizzare opere straordinarie grazie al loro amore per ciò che fanno. È questo l’effetto che fa Barry Purves, animatore, autore e regista di lavori televisivi in stop-motion e autore e regista teatrale, che quest’anno ha ricevuto l’onore di ricevere il Romics d’Oro 2014.
La carriera ultratrentennale di Purves è stata a dir poco sfavillante, autore di diversi cortometraggi di cui ha curato l’animazione, vincitore di numerosi premi in tutto il mondo e con un curriculum che comprende collaborazioni come quella con Tim Burton per “Mars Attacks!” (in cui ricoprì il ruolo di capo animatore, prima che si decidesse, per motivi di budget, di utilizzare la computer grafica per dar vita ai marziani guerrafondai) e con Peter Jackson in “King Kong”, come direttore dell’animazione prima dell’inizio delle riprese delle scene, e ne “Il Signore degli Anelli – Il ritorno del Re”, occupandosi dell’animazione nella fase di post-produzione.
Dopo una carriera simile, vedere tanto entusiasmo in una persona lascia senza parole. L’animatore inglese sembra rimanere stupito da ogni cosa, prima su tutte i cosplay, che mai aveva visto, e in secondo luogo, ovviamente, dalla bellezza della Città Eterna, in cui non era mai stato (nonostante abbia insegnato in delle accademie italiane), approfittando della sua visita per scattare foto del Colosseo e di sé vestito da gladiatore.
Dopo i primi saluti e la presentazione, Purves introduce uno showreel che riassume, per quanto possibile, il suo lavoro di 35 anni in 5 minuti.
Già da questo montaggio le abilità dell’animatore si rivelano incredibili e lo stesso Purves ammette che, per quanto siano necessari impegno e dedizione continui (in un giorno riesce a girare più o meno solo dieci secondi di film), non cambierebbe mai quello che considera “il miglior lavoro del mondo” e confessa che ama così tanto i suoi pupazzi al punto da trascorrere giornate in casa a giocare con loro.
Detto questo ci lascia visionare due suoi cortometraggi; “Next: The Infinite Variety Show” del 1989 (una farsa in cui lo stesso Shakespeare, sul palco di un teatro, mette in scena le sue opere più importanti con l’intento di impressionare il regista teatrale contemporaneo Peter Hall) e “Plume” del 2011 (storia di un angelo caduto, dai tocchi macabri, ma aperto alla speranza). Colpisce sicuramente il gusto per l’oscuro e l’orrido di Purves, come egli stesso conferma, ma è encomiabile il modo in cui riesca a produrre lavori per un pubblico più giovane utilizzando toni molto più leggeri (famosi i suoi progetti televisivi “Oh, Mr. Toad” e “Rupert Bear”).
A questo punto l’animatore si avvicina a una valigetta che aveva destato la nostra curiosità sin dall’inizio dell’incontro e, aprendola, ne estrae il protagonista del cortometraggio finale: un pupazzo che riproduce le fattezze del grande compositore russo Čajkovskij. La realizzazione di questa statuina, composta quasi interamente di lattice e dotata di uno scheletro in metallo, è perfetta in ogni dettaglio e sarebbe strano il contrario, dato che il valore di un pupazzo del genere si aggira tra i diecimila e gli undicimila euro.
“Tchaikovsky – an elegy” è sicuramente l’opera più intima e sentita dell’animatore e descrive la figura tanto tormentata dell’artista russo (la cui morte ha da sempre destato numerose speculazioni). Vediamo il compositore rivivere le sue creazioni musicali e i suoi drammi personali, flirtando spesso con l’idea del suicidio; nonostante il protagonista produca musica muovendo le dita, la figura di un pianoforte è del tutto assente, a dimostrare la repulsione di Purves per tutto ciò che è letterale. Oltre alla sua musica, ad accompagnarci durante questo viaggio è la voce narrante dello stesso Čajkovskij, che legge alcune lettere scritte nel corso della sua vita.
Finito il corto e mostratoci un video backstage sulla sua realizzazione (che potete visionare seguendo questo link), ci viene data l’occasione di avvicinarci e toccare il pupazzo. Purves è rilassato, circondato dai suoi fan, concede autografi, foto e dialoga volentieri.
“Amo il teatro, così come l’opera e il balletto, perché, come l’animazione, sono mezzi espressivi basati sull’artificio. Amo i mezzi espressivi in cui l’artificiosità raggiunge livelli estremi, dove colori, suoni, movimenti e dialoghi si sposano riuscendo comunque a produrre qualcosa di toccante e credibile. Tutte queste arti non nascondono la tecnica, ma la mettono in evidenza; l’animazione dovrebbe mostrarsi in modo plateale. Ciò che adoro è che l’attore racconti delle storie ed è ciò che lega tutti noi. Io volevo fare l’attore, ma non ero bravo, così ho cominciato a utilizzare i pupazzi, divenendo una sorta di attore al rallentatore.”
Dopo aver espresso la nostra ammirazione nei suoi confronti e aver strappato una foto e un autografo (oltre a un complimento per il nostro trucco da zombie), anche noi di MisterMovie poniamo una rapida domanda sul futuro della stop-motion in un’era in cui il digitale sta prendendo il sopravvento. L’argomento tocca ovviamente Purves, che tuttavia afferma:
“Non sono preoccupato, perché l’animazione classica, e in particolare la stop-motion, avranno sempre una magia che le nuove tecnologie raramente riescono a riproporre. Credo sia però importante dare un sostegno concreto alle tecniche tradizionali e nel momento in cui si deve decidere se usare un mezzo piuttosto che un altro, è bene scegliere di ‘farlo al rallentatore’ (‘make it slow’).”
Il tempo a disposizione è purtroppo giunto al termine e l’ospite deve andarsene, ma ci lascia con una speranza:
“È stato entusiasmante far parte dei progetti di Burton e Jackson, anche se forse non è la parte più riuscita della mia carriera. Il fatto di non aver mai diretto un film è qualcosa che mi rattrista, mi piacerebbe farlo almeno una volta. Vorrei fare qualcosa che sia visto da un pubblico generico, non solo dai miei entusiasti frequentatori di festival; di sicuro ho delle idee.”
Conclusa l’intervista ci dirigiamo nell’angolo del Romics in cui è stata allestita una mostra dedicata all’autore e, mentre assistiamo alle varie foto che lo ritraggono intento a lavorare, non possiamo fare altro che augurarci che questo grande artista riesca, il più presto possibile, a realizzare un grande progetto tutto suo.