Il “volto” del male: da Non Aprite quella porta ad Anarchia – La Notte del Giudizio

Nella storia del cinema horror il trucco e le rappresentazioni iconografiche, come minacciose e lugubri maschere, sono state utilizzate sin dagli albori di questo genere per incutere terrore nello spettatore, costretto ad assistere a pellicole dove l’identità dell’assassino è celata da manufatti orridi che provocano una sensazione d’inquietudine e paura. Come nel film Anarchia – La notte del giudizio, sequel de La notte del giudizio, una pellicola distopica a forti tinte horror che dal 29 ottobre sarà disponibile in Home Video in una doppia edizione, DVD e Blu-ray e in un esclusivo ed inedito cofanetto con entrambi i film della saga. Anarchia – La notte del giudizio è ambientato in un ipotetico futuro, dove i Nuovi Padri Fondatori degli Stati Uniti d’America  hanno indetto uno sfogo annuale, un giorno in cui ogni crimine, anche il più efferato, è permesso. L’obiettivo è limitare la criminalità, ormai dilagante, permettendo alla popolazione si sfruttare quelle uniche ventiquattro ore per esprimere la propria violenza e mettere in atto dei comportamenti devianti. In Anarchia – La notte del giudizio, come nel primo film, ci troviamo di fronte a misteriosi e pericolosi uomini mascherati, in questo caso dei ragazzi di strada con il volto coperto da maschere che ricordano la morte e, proprio in occasione dell’uscita in Home Video del film, andiamo alla ricerca di alcune pellicole del passato, dove a farla da padrone saranno proprio degli assassini dal volto coperto e iniziamo con Non aprite quella porta, un classico del genere, realizzato nel 1974 da Tobe Hooper.

Il Male dietro ad una maschera

Horror a basso costo, Non aprite quella porta è passato alla storia, diventando un cult, soprattutto grazie alle gesta di Leatherface, uno spietato assassino appartenente alla famiglia Sawyer, dei sadici cannibali texani. Il personaggio di Leatherface è evidentemente ispirato alla figura di Ed Gein, un famigerato serial killer statunitense residente in una vera e propria casa degli orrori, dove l’autorità trovò molti resti umani tra cui: teste, ossa, cuori e diverse parti della pelle delle sue vittime. Oltretutto, Gein, ribattezzato “Il macellaio di Plainfield”, amava utilizzare proprio questi macabri “souvenir” per decorare la casa. La polizia, infatti, scoprì, tra le altre cose, una lampada completamente rivestita di pelle umana.  La follia di Ed Gein ispirò anche Robert Block che ne realizzò una versione romanzata in Psycho, il romanzo che Alfred Hitchcock trasportò sul grande schermo nell’omonimo film di successo con protagonista Norman Bates, il gestore psicopatico di un motel con la passione per la tassidermia, il travestimento e l’omicidio.  Alcune analogie, ancora, possono essere trovate tra la figura di Ed Gein e Buffalo Bill, un personaggio immaginario nato dalla penna di Richard Harris, autore de Il silenzio degli innocenti, e poi protagonista nell’omonima pellicola del 1991, diretta da Jonathan Demme e interpretata da Jodie Foster e Anthony Hopkins.  Proprio quest’ultimo indossa nel film, vincitore di cinque Premi Oscar nel 1992, una terrificante maschera che gli impedisce di poter aggredire, e mangiare, le sue vittime. Una misura necessaria per soffocare l’istinto di Hannibal Lecter, psichiatra e antropofago. Anche in ambito televisivo, la figura di Ed Gein è stata fonte d’ispirazione e in American Horror Story Asylum, seconda stagione della serie antologica dell’orrore creata da Ryan Murphy, troviamo un assassino di nome Bloody Face, anch’esso spietato serial killer “amante” della pelle umana, che egli utilizza per realizzare delle maschere da indossare e per l’arredamento di casa, compresa una lampada che ricorda il macabro ritrovamento nella casa degli orrori del macellaio di Plainfield.

Gli assassini mascherati sono tra i protagonisti principali dei film slasher, un sottogenere del cinema horror che affonda le radici nell’America degli anni settanta. In questo filone, caratterizzato dalla furia omicida di assassini feroci e armati che si accaniscono, soprattutto, verso gruppi di giovani, si collocano pellicole come Halloween e Venerdì 13.  In Halloween, film diretto nel 1978 da John Carpenter, il sadico killer è Michael Myers, un assassino che agisce proprio durante i festeggiamenti per la notte delle streghe, indossando una curiosa maschera bianca che, a causa del budget ridotto del film, è semplicemente una riproduzione del volto di William Shatner, il celebre Capitano Kirk della serie fantascientifica Enterprise. Una volta acquistata la maschera, la produzione del film apportò alcune necessarie modifiche fino a ottenere un agghiacciante risultato finale, tanto che molto del successo della pellicola si deve proprio al manufatto in lattice indossato dall’assassino.  Acerrimo rivale di Myers, nel cuore dei fan del cinema horror, è Jason Voorhes, il protagonista della saga di Venerdì 13. Voorhes indossa una maschera da portiere di hockey sul ghiaccio che, una volta apparsa in un franchise horror di successo, ha completamente perso quell’appartenenza sportiva, piuttosto rassicurante ed innocua, per trasformarsi in un cimelio dell’orrore, temuto, ma allo stesso tempo amato, dal pubblico.

Un regista che deve molto agli slasher è Wes Craven che, dopo aver portato sul grande schermo Freddy Krueger, l’assassino che uccide nel sonno approfittando di affilati artigli al posto delle mani, diresse, nel 1996, Scream, pellicola horror ambientata in un apparentemente tranquilla cittadina californiana. Qui compare Ghostface, una delle maschere più affascinanti della storia del cinema dell’orrore, rappresentante un fantasma con una chiara somiglianza con L’urlo di Munch, il dipinto realizzato dall’artista scandinavo nel 1893. Ghostface, curiosamente, non è indossata da una sola persona e sarà utilizzata all’interno della saga di Scream da diversi personaggi, ottenendo uno straordinario successo e finendo “vittima” di una parodia in Scary Movie, la dissacrante commedia americana che dileggia gli horror di maggior successo della storia.

Concludiamo il nostro excursus tra le maschere più terrificanti del cinema horror, ricordando SawL’enigmista, film diretto dal talentuoso regista malese James Wan nel 2004. Nel film compare un manichino da ventriloquo con una mascella mobile che appare alle vittime del sadico enigmista. Il suo nome è Billy e gira con un triciclo e una maschera bianca con le guance e gli occhi dipinti di rosso. Spaventoso e crudele, Billy crea un effetto perturbante sul pubblico così come fu descritto da Ernst Jentsch, uno psichiatra tedesco che parlò di perturbante in un saggio dei primi anni del Novecento, descrivendo così la sensazione che proviamo quando ci troviamo di fronte a un oggetto che non riusciamo a riconoscere sia animato o meno.

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