Con la saga di Hunger Games, la scrittrice Suzanne Collins ha dato vita a un mondo disperato e tragico. Dodici distretti, assoggettati al capriccio di Capitol City, la grande città centrale che domina tutti gli altri distaccamenti grazie al terrore e agli Hunger Games: un reality show annuale, creato per ricordare a tutta la popolazione un passato e fallito tentativo di rivolta. Una lotta all’ultimo sangue tra giovani di ogni Distretto. Il dramma dell’allontanamento, del sapere che non si tornerà vivi, che quelli sono gli ultimi momenti con la propria famiglia.
Se uno scrittore del calibro di Stephen King, all’epoca dell’uscita del primo libro della saga (nel 2008 negli USA e nel 2009 in Italia), aveva però criticato un aspetto un po’ troppo usuale, come quello del triangolo amoroso, composto da Katniss (Jennifer Lawrence), Peeta (Josh Hutcherson) e Gale (Liam Hemsworth), che a volte risultava troppo presente quando il vero protagonista avrebbe dovuto essere il continente di Panem, i registi Gary Ross (Hunger Games) e Francis Lawrence (Hunger Games: La Ragazza di Fuoco e Hunger Games: Il Canto Della Rivolta – Parte 1 e Parte 2) hanno ereditato il compito di rendere sul grande schermo tanto i drammi umani dei protagonisti quanto quelli di un intero continente. Perché è l’ambientazione, il principio che muove gli Hunger Games a essere il vero protagonista della storia.
I personali sguardi dei due registi sono stati in grado di fornire visioni forse un po’ differenti, ma sicuramente quella che destinata a rimanerci maggiormente impressa è proprio quella di Francis Lawrence: il regista statunitense, con il suo occhio da videoclip (suo il bellissimo video di I Don’t Want To Miss A Thing degli Aerosmith, con i quali ha lavorato anche per Jaded, ma ha diretto anche video per Jennifer Lopez, Britney Spears, Ricky Martin, Janet Jackson, P!nk, Gwen Stefani, Justin Timberlake, Lady Gaga e Beyoncé) è riuscito a dare un raglio avvincente a ogni scena, con immagini rapide, che lasciano allo spettatore la domanda “L’ho visto davvero?”
Tutto questo grazie anche a una particolare cura per le scenografie, fatte non solamente di schermo verdi e blu per l’aggiunta della computer grafica, ma di ricostruzioni dettagliate di quello che era possibile creare fisicamente. Se le vedute di Capitol City sono forzatamente grafiche artificiali, non lo sono i terreni o molti elementi di interazione degli attori. Questo significa avere un maggior realismo, e farlo percepire anche allo spettatore che, ormai sempre più smaliziato verso determinati effetti, è anche sempre molto più critico. E questo avviene ancor più nella lavorazione di Hunger Games: Il Canto Della Rivolta, che sarà un film di guerra. Il Presidente Snow (il grande Donald Sutherland) non è più in grado di gestire la rivolta che la ghiandaia imitatrice ha scatenato, e ne è nata una vera e propria guerra. Perché non si cambi, perché si mantenga il potere in mano a pochi oligarchi (e a un tiranno in particolare), perché la popolazione resti ignorante, schiavizzata e vessata da una dittatura egoista. Ma ricca e potente, sulla pelle di chi muore di fame. Alzare la testa a partire da un semplice avvenimento umano… Quello è il pericolo.
Sono stati superati i settantaquattresimi Hunger Games, i Tributi vincitori sono tornati alle loro case ma non certo con la felicità di essere ancora vivi a dominare le loro vite. Katniss Everdeen si ritrova nel Distretto 13 – quello che doveva essere distrutto, ma che invece è più vivo che mai – dopo aver distrutto l’arena dell’Edizione della Memoria, una tortura per chi i Giochi li doveva avere già vinti e superati; ha lasciato indietro molti compagni, ha lasciato indietro chi le stava salvando la vita per quello che rappresentava. Sotto la guida di Alma Coin e il sostegno degli amici rimasti, Katniss decide di rivestire il ruolo di ghiandaia imitatrice per salvare Peeta e l’intera nazione, per guadagnare anche col prezzo del sangue la libertà delle genti di Panem.
La realtà potenziale di tutta la saga di Hunger Games è quella che colpisce allo stomaco, e lo fa anche grazie alle immagini di una trasposizione cinematografica che, con il capitolo Hunger Games Il Canto Della Rivolta – Parte 1, in sala dal 20 Novembre 2014, si avvia verso la conclusione. Chi scrive questo articolo ha letto i libri più volte, e li ha anche molto amati ma non desidera minimamente rischiare di rovinare la trama a nessuno. Ma se tutto sarà come le aspettative, come anche i video un po’ angoscianti nella loro pulizia (basti pensare al discorso del Presidente Snow) sembrano far presagire, si prospetta qualcosa che. nonostante possa fare dei passi distanti dall’origine letteraria, regalerà la pelle d’oca allo spettatore, anche con la particolare presenza digitalizzata, per le ultimissime sequenze portate a termine dopo la sua prematura scomparsa, di Philip Seymour Hoffman.
May the odds be ever in your favor.