Il 12 maggio è morto l’artista svizzero Hans Ruedi Giger, artista visivo surrealista, noto nel mondo del cinema per aver ideato la creatura di Alien.
Se Hieronymus Bosch, il pittore olandese del ‘400, fosse nato ai giorni nostri chi sarebbe stato?
H.R. Giger iniziò dal disegno industriale e dalla pittura a olio fino ad approdare all’aerografo, tecnica con la quale realizzò i biomeccanoidi, creature fusione di macchine e di carne umana. Guardandole è facile associarle ad alcuni film di David Cronenberg, come Videodrome (“Gloria e vita alla nuova carne!” cit.) o Crash.
Le sue opere sono la sua autoanalisi, dove portare alla luce l’inconscio, che diventa una formidabile fabbrica di alieni. Nel 1977 pubblica il volume Necronomicon, una sorta di viaggio all’inferno, osceno e comico, dove si perdono i confini tra carne e metallo – pensateci quando usate il vostro cellulare – e dove il gotico si mescola all’ironia surrealista di Dalì. Queste visioni illuminarono Ridley Scott, che stava cercando la sua creatura per il primo Alien ed era insoddisfatto delle idee banali che gli venivano proposte. L’estetica inquietante del film è completamente frutto delle visioni di Giger, che vinse l’Oscar per gli effetti speciali (insieme a Carlo Rambaldi, che animò la testa della creatura). L’artista svizzero ha collaborato a tutti i film di Alien e al mai realizzato Dune di Alejandro Jodorowsky (nel 2013 è uscito un documentario, Jodorowsky’s Dune, dove vengono intervistati gli artisti coinvolti), poi comprato da De Laurentis e affidato a David Lynch, dove realizzerà i vermi delle sabbie e qualche ambiente.
Giger è stato un artista totale, ha firmato copertine di dischi (Emerson, Lake & Palmer , Brain Salad Surgery) collaborato a videogames (Dark Seed II) ed è stato regista in alcuni cortometraggi. La sua influenza nell’immaginario, non solo cinematografico, è molto profonda. Lo si può considerare un ideale punto di congiunzione tra arti considerate di genere, come la fantascienza o l’horror, e la pittura di Bosch, Dalì e Francis Bacon, dove il deforme e l’inumano ci mostrano le nostre paure segrete.