Ellen Page: “Sono qui perché sono gay e posso fare la differenza”

Sembra che il modo di rapportarsi all’omosessualità stia gradualmente cambiando, e in un certo senso anche “subendo uno strappo” (in avanti) in un periodo di contestazione molto forte (leggasi: la repressione della Russia e la vetrina che in compenso sta avendo con le Olimpiadi Invernali di Sochi 2014, a partite dal Doodle di Google per il giorno di apertura dei giochi). Ma in gesti più tangibili, questa tendenza si sta traducendo nel coming out anche di Ellen Page.

Durante la conferenza “Time to THRIVE”, tenutasi a Los Angeles in supporto dei diritti LGBT (acronimo di Lesbians, Gays, Bisexuals e Transgenders, e lo riportiamo visto che per molti la traduzione non è così immediata), Ellen Page ha dichiarato:  «Sono qui perché sono gay». Una frase che di per sé è di forte impatto.  A fronte di un mondo del cinema in cui verità e omissione (vedasi la storia di Philip Seymour Hoffman – ritrovato cadavere da quello che si è poi reso noto fosse il suo compagno) si mischiano on stage e backstage, Ellen Page aggiunge «Forse posso fare la differenza per poter aiutare gli altri ad avere una vita più semplice e più serena. A prescindere da ciò, ne sento un obbligo personale e una responsabilità sociale».

La ventiseienne attrice, ascesa in ribalta con l’interpretazione in Juno, confermata poi dall’ottima prestazione in Inception e ora sullo schermo con la saga degli X-Men, si dichiara «stanca di mentire omettendo» e di avere sofferto per anni nel timore di uscire allo scoperto, con sofferenza per se stessa e per le proprie relazioni. Basta vedere il video del momento, per percepire noi stessi come sia stata una scelta importante, per lei, dirlo ad alta voce, dirlo a tutti, senza più timore di nascondersi.

 

Il coming out di Ellen Page si affianca allo sfogo per la pressione mediatica che viene fatta nello showbusiness: «Ti indicano come devi comportarti, come devi vestirti, chi devi essere». D’altronde, qualche tempo fa, con abbinamento di foto di lei con semplici pantaloni della tuta, la stampa si era fatta una domanda: ma perché una simile bellezza si ostinava a vestirsi come un omaccione? Uno stereotipo che Ellen Page ha percepito come offensivo e sessista.

Una decisione importante, che si affianca alla decisione di partecipare, all’interno di un progetto indipendente, alla resa cinematografica del documentario Freeheld: una storia che affianca la malattia terminale alla vita di una coppia lesbica, e a tutti i problemi burocratici e sociali che possono venire alla luce in una simile situazione. Accanto a Ellen Page, anche Julianne Moore.

La scelta di Ellen Page sa ancora di coraggio, di forza, e di voglia di non vivere più “in a closet”. E di voglia di dare più coraggio a chi ancora non riesce a trovarlo.

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