David Lynch: “Spegnete la tv, la felicità è dentro di voi…”

Guardandomi ora con il senno di poi, sono cambiato tantissimo e devo tutto grazie alla mia ricerca interiore…“, a parlare è David Lynch, che in questi giorni è a Parigi, dove due volte l’anno si reca nell’antico atelier Mourlot in rue du Montparnasse, ora Idem Paris, per tirare le sue litografie. Da ragazzo non andavao al cinema, la tv era solo un soprammobile, e non me ne vergogno ma leggevo poco. Ascoltavo musica si, ma con l’orecchio non sentivo, e c’è una netta differenza. La sua adolescenza da bambino a ragazzo vissuta a Missoula, tra le montagne del Montana, dov’è nato nel 1946, l’ha trascorsa immersa nel disegno: passione che con il passare degli anni non l’abbandonerà mai. Non ci aveva mai pensato in realtà, ma nel 1986 grazie anche a Blue Velvet definito “il film d’un pittore”, qualcosa è davvero mutato in lui, ha sentito il bisogno di emergere sempre più e di cambiare dimensione, così il regista/musicista è diventato pittore. Così all’età di quarant’anni, David Lynch, cineasta già di culto, esplora mondi conosciuti, alla ricerca di qualcosa di nuovo – arte, fotografia, musica – fino all’esplosione sul grande schermo.

La meditazione trascendentale libera il corpo da stress e preoccupazioni, che svaniscono nel nulla. È come togliersi di dosso un gran peso, fino a sentirsi di nuovo liberi. L’arte non è catarsi d’emozioni. Neanche il cinema. Ho le mie angosce, come tutti. Ma non ne faccio il soggetto dei miei lavori. Sicuramente. Lavorando a un quadro o a una foto, può scattare un’idea cinematografica. Anzi, il cinema m’è apparso un naturale complemento quando a vent’anni seguivo i corsi di Belle Arti a Philadelphia. Stavo dipingendo un giardino verde su una tela nera, che un colpo di vento ha fatto vibrare: avrei voluto che l’immagine continuasse a muoversi, su un’onda musicale. Da quel quadro, o da quella folata, è nato il mio primo film d’animazione, Six Men Getting Sick.Le idee non mancano. Ma l’industria del cinema è molto cambiata. Ai Duran Duran era piaciuto il mio remix di Girl Panic, canzone del loro album All you need is now. Di qui l’idea d’un film che restituisse il concerto live attraverso la patina d’altre immagini, colte al volo. Finora era visibile solo sul web: è sempre più difficile garantirsi in sala una proiezione di qualità, per me essenziale. Una volta c’era il circuito d’art et d’essai, dove circolavano i miei film. Oggi il cinema alternativo è sempre più in angolo, schiacciato dai blockbusters

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