Peter Rowe, Jacob Kerstan e Andrew Wright, tre compagni di college in vacanza a Philadelphia, la città di Will Smith, di Kobe Bryant e soprattutto di Rocky Balboa. Inutile dirlo, quando vai in Pennsylvania, il primo pensiero va al pugile (cinematograficamente) più famoso di tutti i tempi e non puoi fare a meno di salire le scale con la musica di Rocky che ti risuona nel cervello. Questo succede ai cult che cambiano per sempre la cultura pop.
La storia capitata a questi tre ragazzi è di quelle che capitano una volta nella vita, di quelle che racconti ai nipotini: ti trovi a Philadelphia, davanti al Philadelphia Museum of Art, il pensiero va immediatamente a quell’indimenticabile scena, a quei gradini fatti di corsa, una corsa liberatoria, devi farlo anche tu, ci corri sopra, scali quel pezzo di marmo che è tutto tuo perché sono le prime luci dell’alba e ti giri verso la città, come Rocky, per scattare una foto in questo caso ma anche per vedere il percorso fatto quando all’improvviso una voce ti dice “Ehi ragazzi, correte veloci”.
I tre si girano e chi si trovano davanti? Sylvester Stallone. Proprio lui, in carne ed ossa. I tre non ci credono, pensano sia un sosia e Stallone così si allontana sorridendo ma poi un flash, gli corrono dietro per guardarlo da vicino e si convincono, era proprio “Rocky”.
Immediatamente scattata la richiesta di un selfie che il regista ed attore ha accolto con piacere per poi andare via per davvero.
I ragazzi, intervistati dall’Associated Press, hanno spiegato che sono rimasti in cima a quelle scale increduli per ore e che per tutto il tempo hanno detto ai turisti che lì, qualche minuto prima, c’era Sylvester Stallone ma nessuno ci credeva ovviamente.
Fortuna che c’è il selfie a dimostrarlo.