Uno dei film più attesi del Festival di Venezia, terzo e ultimo film italiano in concorso, riesce a tenere alte le aspettative.
È vero, uno potrebbe dire “137 minuti a parlare di Leopardi, chissà che noia”; ma è proprio qui che ci si sbaglia.
Il Giovane Favoloso, biopic su Giacomo Leopardi, tende infatti ad analizzare più il percorso per il quale l’autore giunge a comporre opere basate sulla malinconia, su come maturi la condizione tale per cui l’uomo non ha altro che una vita infelice e basata sulle sofferenze dinanzi a sé, dove la felicità è una destinazione talmente lontana che raramente si raggiunge.
Mario Martone, regista del film, si è permesso di rischiare e di proporre un biopic su uno degli autori italiani più importanti; un’impresa difficile, che potrebbe rischiare di cadere nel banale, tra la vita di Leopardi (interpretato da Elio Germano) e l’enorme quantità di opere.
Martone, tuttavia, ha saputo gestire, cinematograficamente parlando, il dono dell’autore marchigiano, che però diventa anche un bel peso sulle spalle da portare, visibile anche fisicamente; il continuo studiare e stare sui libri, anche con l’uso di candele e lampade a olio, non fa altro che incurvare e accecare il giovane Giacomo.
Lo studio. Un dono importante per Leopardi (che gli fa compagnia vista la sua salute molto cagionevole) e che gli viene fatto fruttare dalla sua famiglia sin da subito, anche loro letterati da generazioni; ma quanto incide sul fattore psicologico?
Come sappiamo dai semplici libri di scuola, la sua vita non fu facile; nonostante al giovane autore piaccia studiare, si rende anche conto che la sua vita non è fatta d’altro che questo, che non ha provato neanche una volta le esperienze che i suoi coetanei hanno già fatto (dall’amore al viaggiare) e questa sua “crisi” si approfondisce a partire dall’incontro con Giordani, uomo che ammira molto e suo amico di penna (che poi diventerà anche di vita).
Il giovane autore aspira a un futuro diverso, ma sa già che la serenità è un apice troppo alto da raggiungere; il suo è un rapporto di amore-odio verso Recanati (che non può dargli il senso di libertà), verso il suo dono e verso la sua famiglia, che ha contribuito a far sì che fosse il dono dello studio a impadronirsi di lui e non viceversa e per averlo fatto adeguare ad atteggiamenti mai sconvenienti.
L’autore di A Silvia viene delineato come sessualmente ambiguo nei confronti dell’amico Antonio Ranieri (Michele Riondino) e a volte la pellicola cade anche un po’ nella banalità quando, per esempio, viene citato in più occasioni che l’autore marchigiano amava il gelato.
Tuttavia si presenta un film brillante, capace di rappresentare sullo schermo il mito letterario nostrano; come già detto, la regia di Martone si concentra più sulla sofferenza leopardiana che sulle tappe della propria vita.
La scenografia è impegnativa e realistica così come la fotografia, mentre l’interpretazione di Germano si è dimostrata coraggiosa e stupefacente; potrebbe essere in lizza per la Coppa Volpi e addirittura il Leone d’Oro.
Tra sonetti, Operette Morali e versi delle sue maggiori opere, Il Giovane Favoloso è uno di quei film da non perdere assolutamente, che si abbia una base di conoscenza o meno.
In Italia uscirà il prossimo 16 ottobre.
Valutazione complessiva: 4 su 5!
Articolo di Mara Siviero