Direttamente dal Giappone, il Lido ha ospitato la squadra dietro Gantz: O, film realizzato interamente in CGI e tratto dal manga Gantz di Hiroya Oku. Alla conferenza stampa erano presenti il regista Yasushi Kawamura e i produttori Kazutaka Yamanaka ed Eiichi Kamagata.
Quest’ultimo ha iniziato spiegando cosa li abbia spinti a voler portare sullo schermo questo lungometraggio. Le vendite stellari del manga originale hanno sicuramente avuto il loro peso:
“Dovete considerare che Gantz ha venduto oltre 20 milioni di copie in Giappone. Il fatto che abbia una simile tiratura è sicuramente fonte di interesse per un produttore. Inoltre, molti registi e autori sono stati influenzati da quest’opera e per questo volevamo cimentarci nella realizzazione di un film. E poi ci sono gli alieni, il cui design è estremamente giapponese, impossibile da vedere negli altri Paesi, e perciò pensavamo fosse interessante portarlo nei cinema di tutto il mondo.”
Yamanaka ha poi sottolineato come questa non sia la prima trasposizione dell’opera di Oku:
“Ne era già stata fatta una serie animata e dei film live-action, ma credo che qui la CGI si adatti perfettamente allo stile e alla storia. Il budget ci ha messo davanti sfide difficili da gestire, ma ovviamente abbiamo usato il miglior studio di animazione (a produrre è la Digital Frontier, ndr) ed è stato bello vedere come il film abbia preso vita.”
Gantz: O si distingue certamente per i suoi personaggi femminili molto forti, come concorda il regista Kawamura:
“Lo credo anch’io. Anzi, il modo in cui è stato creato il film vede forse le donne più forti rispetto ai personaggi maschili.”
Yamanaka spiega inoltre come il materiale originale fosse più erotico: “Qui abbiamo deciso di inserire un elemento di amore e maggiormente umano.”
A questo punto l’inevitabile domanda sulla fantascienza. Perché la battaglia contro gli alieni rimane sempre interessante per il pubblico negli anni? Yamanaka sostiene quanto sia importante nel film la lotta contro l’ignoto:
“Il boss finale rappresenta il terrore sconosciuto che fa parte del Giappone. Volevamo dare vita a questa battaglia contro ciò che non si può conoscere.”
Arrivano poi le domande più tecniche. Come sono riusciti a ricreare al computer città come Tokyo e Osaka? Sicuramente ha richiesto un lungo lavoro e una continua collaborazione fra i reparti, come sostiene il regista:
“Siamo stati con gli artisti e abbiamo cercato di continuare a fare riprese, giorno e notte, che ci potessero dare idea di come trasmettere realtà nella riproduzione in digitale.”
QUI LA RECENSIONE DI GANTZ: O DA VENEZIA 73
Un lavoro che ha richiesto un’attenta ottimizzazione dei dati per Osaka, oltre che un alto livello di sfida riguardo le interpretazioni dei protagonisti, spiega il produttore:
“Nel digitale, si cerca sempre di riprodurre in nel modo più veritiero. E le interpretazioni degli attori erano molto difficili da riportare. I movimenti del volto, l’espressività. Con l’animazione in 2D si riescono a fare semplificazioni del volto, ma qui non era possibile.”
Gli fa eco il regista:
“Per i personaggi, in questo caso, non c’era solo l’elemento estetico statico, ma anche quello dinamico, quindi era importante capire il look che avrebbero dovuto avere. Lo stesso Oku ha affermato di essere soddisfatto del lavoro e questo per noi è stato un grande segno di fiducia.”
Con il livello dell’animazione sempre più alto, ci si chiede allora quando questo genere di film potrà regolarmente gareggiare all’Oscar per Miglior Film assieme ai titoli live-action.
Kawamura non saprebbe dirlo:
“Chissà quando. In Giappone senza dubbio c’è Miyazaki, che ha realizzato La Città Incantata. Se si cercasse di superare quel livello, tanto da farlo diventare un genere, sarebbe bello.”
Nell’incessante lotta contro gli alieni, in Gantz: O non mancano spunti di riflessione, come quello sulla morte esposto dal regista:
“Nel manga, quando si muore viene creata una copia di se stessi, riportata in vita. La morte quindi sembra una cosa da poco, ma si pensa anche a cosa sia la morte. Ovviamente è un manga di intrattenimento, ma leggendo si arriva a questi elementi profondi e filosofici che ritengo attraenti. […] Nel film, Kato vuole tornare dal fratello, ala sua vita quotidiana. La sua sopravvivenza diventa più forte, mentre il gruppo di Osaka percepisce diversamente la morte, come se la stesse fraintendendo. Per loro è un divertimento; decidono di non tornare in vita per divertirsi in battaglia. C’è anche questa umanità, questa filosofia.”
E allo stesso tempo, il titolo mette in scena alcune considerazioni sociali:
“Avevamo un po’ in mente l’idea che si possa essere deboli o forti anche in base al riflesso della società. Kato crede alla voce dell’anima ed è quello che trascende questa società, che gli consente di essere forte.”
Potendo prendere ampiamente spunto dai tanti volumi del manga, c’è la speranza di vedere dei sequel? Risponde Kawamura:
“Certo, mi piacerebbe, ma leggendo il manga, dopo Osaka c’è l’ultima missione a Roma, la cui parte è intitolata Catastrophe, e c’è questa escalation di scene che a livello di budget sarebbe difficile da portare in scena. Sembra un po’ Independence Day. Bisognerebbe vedere per via del budget.”
Yamanaka non esclude nulla sul futuro, sostenendo che questo Gantz: O varrà sicuramente come banco di prova per vedere se può esserci posto nei cinema per una serie di film in CGI tratta dal manga di Oku.
Gantz: O è stato presentato fuori concorso a Venezia 73.