Lockout – La recensione

Mercoledì 25 luglio esce nelle sale italiane il film Lockout di cui il famoso regista Luc Besson è qui nelle vesti di sceneggiatore e produttore, anche se qui di soggetti originali non c’è ne è neanche l’ombra, viste le numerosissime citazioni dai film d’azione degli anni ’80 e 90; sembra che si sia preso un frullatore, si abbia buttato al suo interno il meglio, o il peggio, decidete voi, dell’azione datata ’80 e ’90 tipo 1997: Fuga da New York, Trappola di cristallo, L’ultimo boyscout, 2013 la fortezza,  Atmosfera zero, Minority report e addirittura Cobra e si sia confezionato questo film da proporre per il mercato estivo. Idee davvero poco originali per un film che però almeno non annoia e non richiede vaste porzioni di cervello per seguirne la trama.

Nel 2079 a Washington D.C, Snow (Guy Pearce) un ex agente della Cia, viene arrestato per aver ucciso il colonnello Frank Armstrong; il colonnello aveva scoperto le prove dell’esistenza di una talpa all’interno del segretissimo progetto spaziale ed è così stato eliminto. Il capo dei servizi segreti Scott Langral (Peter Stormare) riesce ad ottenere per Snow una condanna a 30 anni da scontare nel carcere di massima sicurezza orbitante MS Uno. Snow ovviamente è innocente ed è stato incastrato, ma contro di lui sono state presentate prove schiaccianti e l’unica cosa che può fare è rivelare all’agente Harry Shaw (Lennie James), che sembra credere in lui, di sapere dell’esistenza di una valigetta, il cui contenuto incastrerebbe la talpa e lo scagionerebbe. Intanto la figlia del Presidente degli Stati Uniti Emilie Warnock (Maggie Grace) viene presa in ostaggio da uno dei detenuti del carcere orbitante dove dovrebbe andare Snow, che risvegliato per un colloquio, riesce a risvegliare tutti gli altri pericolosi criminali ed organizzare una rivolta. L’unico che potrebbe sbrogliare una situazione come questa, è proprio Snow che accetta controvoglia, ma che sa anche di essere l’unica speranza per la figlia del Presidente.

La missione nasconde anche un piano B, di cui il nostro ex agente è all’oscuro. Come dicevamo all’inizio il film non è altro che un polpettone trito di citazioni prese da film già visti e, se al primo impatto, ci sembra di vedere 1997-Fuga da New York e il sequel-remake Fuga da Los Angeles, il susseguirsi dello svolgimento richiama tutti gli altri film già citati con anche qualche chicca come la scena finale dell’esplosione della Morte Nera, chiaro omaggio a Star Wars. Sicuramente, poi, gli effetti speciali non sono il punto di forza di questo film, che si basa molto su inseguimenti e sparatorie; difficilmente capita di trovarsi davanti ad effetti speciali tanto pacchiani da farci rimpiangere i primi videogiochi anni ’80. D’altro canto, le battute tamarre del protagonista Guy Pearce e una regia dinamica, puntuale e visivamente ammiccante al mondo dei videogames, ne fanno un film quasi comico; soprattutto Pearce sembra divertirsi un mondo a recitare il suo personaggio, un mix tra Stallone, Kurt Russell,  Schwarzenegger e il Bruce Willis dei tempi migliori, il classico duro che non riesce a stare nemmeno un minuto senza una battuta sarcastica, perchè altrimenti la notte non riesce a dormire. Anche il “cattivo” interpretato da Joseph Gilgun sembra un poveraccio fuori di testa, con un occhio di vetro, pieno di tic e con un accento da campagnolo che lo rendono veramente poco credibile, ma anche questo contribuisce certo a fare del film una pellicola estiva divertente.

Da ricordare soprattutto il corpo divino di Maggie Grace, che interpreta la figlia del Presidente, visto che la storia è priva di colpi di scena e fatta di cose già viste. Anche se la produzione del film è francese, le riprese si sono svolte in Serbia con un cast di attori di lingua inglese per approfittare degli incentivi fiscali irlandesi, visto che, nonostante  i due registi siano originari di Dublino, non si poteva certo pensare di usare i teatri di posa irlandesi a causa dell’elevato costo di affitto. Il film prodotto dalla EuropaCorp di Luc Besson è costato 20 milioni di dollari coprendo interamente, anche se di poco,  con gli incassi (25 milioni di dollari) il budget investito. Sicuramente non un film da cestinare, ma da sconsigliare assolutamente a quelle persone che storcono il naso al solo pensiero di un film infarcito di citazioni; un film da vedere con il cervello in vacanza, perchè ogni tanto serve anche solo rilassarsi guardando qualcosa di innocuo e di leggero, magari giusto prima di andare a letto. Una curiosità per i lettori: nel film il protagonista Guy Pearce impiega un buon quarto d’ora ad insistere nel farsi chiamare solo Snow, facendo intendere che sotto c’è dell’altro e che sarà rivelato durante lo svolgimento. Riuscite ad indovinare come si chiama di nome?

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