Dopo lo strepitoso successo ottenuto in patria, il 6 luglio arriva nelle sale italiane il film franco belga ricavato da un testo teatrale, commedia amara degli equivoci tutta girata in una stanza con tempi e battute perfette. In una bella e agiata casa di un elegante quartiere parigino si svolge una cena in onore di Vincent, neo padre e agente immobiliare di successo. La padrona di casa, la sorella Elisabeth, insegnante in una scuola francese e il cognato Pierre, docente universitario, lo hanno invitato perché sta per diventare padre per la prima volta. Qui Vincent incontra Claude, suo amico di infanzia che ora suona in un’orchestra che lo incalza con domande sul prossimo nascituro. Mentre si attende l’arrivo di Anna, moglie di Vincent, perennemente in ritardo, Vincent diventa la star della serata fino al momento in cui gli viene chiesto quale nome darà al nuovo nato e la sua risposta genera una discussione, dapprima dai toni garbati, ma che via via scatena una serie di situazioni imbarazzanti e tragicomiche, equivoci e rivelazioni inaspettate anche sul passato dei commensali che difficilmente dimenticheranno la serata.
Sull’onda del successo teatrale, “Le Prenom” inscenato da Bernard Murat, il film è incentrato sul tema del mettersi a nudo e levarsi la maschera del protagonista, con una sceneggiatura che non rinuncia al duello verbale nello spazio temporale di una sera, seppur con qualche divagazione in flash-back istantanea che solo il cinema può concedere. La voce narrante del protagonista introduce lo spettatore per le strade di Parigi, nei luoghi storici, attraverso le statue e soprattutto i nomi che ne hanno costruito la storia, dando già un preludio ironico all’esito disastroso dell’assegnazione di nomi e soprannomi. Infatti è proprio l’assegnazione del nome del primo figlio che deve ancora nascere e su cui Vincent (Patrick Bruel) costruisce una burla ad hoc, a scatenare l’ira del cognato Pierre (Charles Berling), prima moderata e con toni lievi poi sempre più radicata nelle opinioni. La sorella di Vincent, Elisabeth (Valérie Benguigni), mentre prepara una cena perfetta e abbondante, assiste e prende parte ai battibecchi assieme a Claude (Guillaume de Tonquédec), l’amico di una vita che, invece di stemperare gli animi come la sua natura gli ha sempre permesso di fare, partecipa allo scontro e ne esce ferito, non solo a parole. L’arrivo in ritardo di Anna (Judith El Zein), moglie di Vincent, avviene a metà della commedia e non fa che alimentare le polemiche fino alla rottura finale.
La distribuzione italiana avrebbe dovuto sicuramente tradurre letteralmente il titolo originale, che sarebbe diventato “Il nome” o perlomeno attribuire un titolo consono, anche perché di cene più o meno tra amici, magari anche con delitti previsti nel menu, o con bambini pestiferi, il cinema mondiale ne aveva già imbandite tante. Infatti è il nome e non la cena il perno attorno a cui si snoda tutto il film. A partire dalla curiosi sigla di testa in cui i cognomi di chi ha collaborato alla riuscita dell’operazione sono rigorosamente esclusi. Essendo un testo della tradizione del teatro boulevardier di qualità, il film Cena tra amici viene costruito tutto attorno ad un nucleo centrale, il nome da dare al prossimo nascituro, e, come accadeva a Francis Veber per il riuscito “La cena dei cretini”, i due registi, Delaporte e De la Patelliére, controllano i tempi comici in maniera del tutto opportuna. La pellicola è la loro opera prima per quanto riguarda il cinema ed il testo è stato scritto a quattro mani e il cast (con un’eccezione) è lo stesso della messa in scena teatrale di Bernard Murat. L’eccezione è costituita dall’attore Charles Berling che sostituisce Jean Michel Dupuis. Sicuramente non siamo davanti ad una rivisitazione di “Carnage”. Lì l’incontro avveniva tra sconosciuti mentre qui c’è un passato denso di relazioni e di cose non dette che finiscono per prendere il centro della scena. La teatralità a tratti si fa sentire a tratti, soprattutto quando i toni cominciano ad esasperarsi e a salire di tono e complessivamente il film risulta gradevole e riesce a far sorridere, forse un po’ amaramente, anche se, il doppiaggio, pur tecnicamente perfetto, priva queste commedie francesi di quella musicalità e di quel ritmo che sono proprio insiti nella lingua. Il finale del film sarà una vera sorpresa, da diversi punti di vista.